Egitto, il regime militare "spranga e carota" colpisce ancora - Diritto di critica
Ormai Piazza Tahrir torna rossa ad ogni alba. Da venerdì ad oggi sono morti 16 manifestanti, oltre 600 feriti caduti sotto i bastoni e i proiettili dei soldati. Il premier Al-Ghanzouri minaccia denunce per chi lo accusa di provocare gli scontri, e punta il dito contro la “mano straniera” che agita i controrivoluzionari. Ma la vera arma del governo contro la democrazia è la crisi economica.
La foto ha fatto il giro del mondo, e ancora non basta. La ragazza dal reggiseno azzurro, massacrata a bastonate dai soldati egiziani in Piazza Tahrir, è solo una faccia dell’ultimo anno di guerra civile. Quel che sta succedendo davvero è il ritorno del Regime di Mubarak, sotto altri nomi ma uguale nello stile. Per coprire questo tradimento della rivoluzione – agli egiziani e all’occidente – va in scena lo show “Guerra Intestina”: rivoluzionari contro militari, controrivoluzionari addosso ai manifestanti, islamici contro copti, uomini contro donne, poveri contro ricchi. Regia di Tantawi, produzione dell’elitè militare.
L’Egitto di Piazza Tahrir non è quello ch occidentali. Non ora, sotto le feste. Noi pensiamo agli alberghi di Sharm El Sheik, che hanno chiuso oggi le prenotazioni di Capodanno con il pienone. I villaggi vacanze devono restare sicuri, bene dunque che “ci torni lo Stato”. Almeno fermerà l’islam politico, qualsiasi cosa significhi in Egitto: il nome fa paura da solo, meglio l’ordine assicurato dagli sprangatori in divisa. Intanto il paese nordafricano sprofonda nella crisi economica.
Disoccupazione al 12%, il top degli ultimi 10 anni; previsioni di crescita all’1% contro le attese cinque volte maggiori, agricoltori in ginocchio, consumatori schiacciati dal boom dei prezzi. E’ il caos. E il governo di Ghanzouri ci marcia, usando il bastone in piazza Tahrir (quello vero) e la carota per la “campagna”.
Il primo provvedimento di Ghanzouri ha cancellato 25 milioni di euro di interessi dai debiti dei contadini, spalmando le rate su 5 anni per ammorbidire la provincia. Il governo militare vuol far stancare la gente della rivoluzione, e promette slogan populisti “puritani”: tagli agli stipendi pubblici più elevati, stop alla costruzione di nuove sedi governative e all’acquisto “di automobili costose”. Campagna elettorale indiretta, in concorrenza con Giustizia e Libertà lanciato dai Fratelli Musulmani.
La cosa peggiore è sapere che noi occidentali stiamo dalla parte della Giunta militare. Ci stiamo, nonostante le belle parole della Clinton o della Ashton, perché abbiamo paura dei Fratelli Musulmani al potere: abbiamo paura che gli islamisti, giunti al governo, si alleino con l’Iran e schiaccino Israele in una morsa. O che lancino una guerra all’Occidente. Ma come può andar peggio di così in Egitto, non se lo chiede nessuno.