Nasce Red Social, il Facebook cubano - Diritto di critica
Anche Cuba ha un suo Facebook. Si chiama Red Social ed è stato lanciato pochi giorni fa nell’isola di Castro. Si tratta di un vero e proprio clone del social network ideato da Mark Zuckerberg. Uguale nel funzionamento, nella grafica, nei colori e nel login, il social Facebook cubano si differenzia solo per un aspetto: può essere utilizzato unicamente da chi ha la residenza a Cuba.
Il clone di Facebook. Attraverso l’indirizzo http://facebook.ismm.edu.cu, raggiungibile solamente attraverso la rete internet di Cuba, il navigatore accede alla homepage di Red Social. È immediata la somiglianza con l’originale, dato che nella pagina iniziale, l’unica differenza nella grafica è l’immagine dell’isola che sostituisce quello del mondo interconnesso, accompagnata dallo slogan “Un punto di incontro virtuale per le università cubane”.La notizia è stata diffusa da Carlos Alberto Pérez Benitez autore del blog la Chiringa de Cuba che spiega che solamente gli abitanti dell’isola possono esserne utenti. L’accesso infatti è bloccato agli stranieri. In passato Cuba aveva creato EcuRed ossia il clone dell’enciclopedia online Wikipedia in versione cubana.
Un’iniziativa ambigua. Cuba è uno dei paesi al mondo con il più basso numero di proprietari di computer con una media del 3,3 ogni 100 abitanti, come in Togo. Le autorità cubane ritengono responsabile di questa situazione l’embargo statunitense che impedisce loro di procurarsi l’equipaggiamento necessario per lo sviluppo di internet. Il nuovo social network cubano è frutto dell’iniziativa del Ministero dell’istruzione di Cuba il cui fine è ancora poco chiaro. Da un lato l’intento sarebbe quello di aiutare i cubani a mantenersi al passo con i tempi e con la tecnologia. Dall’altro, molti temono che lo scopo sia solamente quello di avere un maggiore controllo sugli abitanti dell’isola e delle informazioni che vengono scambiate. I cubani, infatti, utilizzano principalmente mezzi di comunicazione quali la posta cartacea, il telefono ed il passaparola. L’uso di internet, al quale attualmente ha accesso solo il 2% della popolazione, permetterebbe un controllo più capillare da parte delle autorità statali.
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