"Sanzioni alla Siria", il pugno duro della Turchia sul regime di Assad - Diritto di critica
Si inaspriscono i rapporti tra Turchia e Siria. Il ministro degli Esteri di Ankara Ahmet Davutoğlu ha annunciato una serie di sanzioni contro il regime siriano a causa della repressione militare perpetrata nei confronti dei manifestanti. Secondo il governo turco non si tratta di misure che incideranno sul popolo siriano ma solo ed esclusivamente nei confronti del regime di Assad.
Sanzioni sugli armamenti e blocco dei beni. “Bloccheremo tutte le forniture di armi e di attrezzature militari diretti a Damasco”, ha spiegato Davutoğlu in una conferenza stampa. La Turchia, sempre attraverso il suo ministro degli Esteri, ha fatto sapere che tutti gli accordi di cooperazione con la Siria sono stati sospesi fino a quando non ci sarà un nuovo governo. A questo si aggiunge il congelamento dei beni dei vertici del partito al potere. Anche sul piano finanziario la Turchia vuole imporre la sua forza di potenza egemone nell’area. Gli uomini d’affari che sostengono il regime saranno sanzionati, mentre verranno congelati tutti i beni siriani in Turchia.
“Un regime illegittimo”. “Ogni pallottola sparata, ogni moschea bombardata ha eliminato la legittimità della leadership siriana e ci ha allontanato”, ha dichiarato Davutoğlu. “La Siria ha sprecato l’ultima occasione che le era stata data”. Quindi, le relazioni tra i due paesi sono arrivate ad un punto di non ritorno. La Turchia è il principale partner commerciale della Siria. Le sanzioni, secondo alcuni analisti, saranno comunque un duro colpo all’economia siriana già in serie difficoltà. La decisione del governo turco non è unilaterale ma rientra in un’azione concordata con la Lega Araba e si aggiunge all’azione dell’Unione europea e degli Stati Uniti che hanno già imposto diverse sanzioni contro Assad e il suo regime, bloccando le importazioni di petrolio
Turchia alla ricerca di nuovi orizzonti geopolitici. Ma la mossa turca va ben al di là delle intenzioni di arrestare la mattanza. Infatti, proprio sfruttando questa crisi (come è già avvenuto in Libia), la Turchia cerca di ampliare la sua presenza nel Mediterraneo giocando, per ora, solo la carta diplomatica: paladina del mondo arabo contro i tiranni e contro gli occidentali. Davutoğlu ha detto la Turchia continuerà a sostenere il popolo siriano durante questo “periodo difficile”. “Il nostro desiderio è che il governo siriano soddisfi immediatamente le legittime richieste del popolo e ponga fine alla violenza e alla repressione contro la popolazione civile”, ha spiegato. Così, il Paese guidato da Erdogan sta cercando di riempire gli spazi liberi lasciati dalla diplomazia occidentale; in primo luogo da quella americana. Ma anche l’Europa ha abbandonato di fatto il campo, incapace (come la Libia ha dimostrato) di parlare ed agire all’unanimità, vittima di protagonismi (Sarkozy) e di incertezze diplomatiche.