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Diritto di critica | December 26, 2024

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Finmeccanica, l'ultimo miglio di Guarguaglini - Diritto di critica

Finmeccanica, l’ultimo miglio di Guarguaglini

di Virgilio Bartolucci

 

Giovedi potrebbe essere l’ultimo giorno di Pier Francesco Guarguaglini alla guida di Finmeccanica. Sarà proprio quella del 1 dicembre la data della riunione del consiglio d’amministrazione, che ha all’ordine del giorno la “revisione delle deleghe”.

In realtà Guarguaglini non ha alcuna intenzione di dimettersi da presidente di Finmeccanica, in quanto, afferma, “non ho mai utilizzato fondi neri, né ho mai autorizzato o chiesto ai miei dipendenti di farlo”. Probabile che il presidente ritenga le dimissioni un’ammissione di colpevolezza. Soprattutto, pero’, nessuno gli ha chiesto di farsi da parte, “nessuno nel governo mi sta facendo pressioni in questo senso”, ha dichiarato il top manager. Non glielo ha chiesto l’azionista di maggioranza dell’azienda – che e’ il Tesoro, con più del 30% -, nè il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, che ha incontrato la settimana scorsa, “non mi ha chiesto di dimettermi”, ha assicurato Guarguaglini. E non lo ha fatto nemmeno Monti. Anzi, in un’intervista concessa a Il Fatto, il numero uno di Finmeccanica definisce le parole del premier, che ha auspicato una “soluzione rapida e responsabile”, solo “una battuta”. Frase poi smentita con una nota.

Ma se scandali e inchieste non servono per abbandonare la poltrona, a sollevare Guarguaglini dalla presidenza del colosso italiano ad altissimo potenziale tecnologico ora potrebbe essere lo stesso consiglio di amministrazione dell’azienda strategica.

Di fatto, adesso la palla passa al governo, che potrebbe anche decidere di far rotolare la testa del presidente e di tutto il consiglio d’amministrazione, dando un taglio anche alle opache vicende che stanno emergendo. Per farlo – se Guarguaglini non si dimette e ci sono fondati motivi per ritenere che sia così – basterebbero le dimissioni di un terzo del consiglio d’amministrazione.

Sui 12 membri che compongono il cda, di cui solo 11 hanno diritto di voto, soltanto 4 consiglieri sono nominati dai soci di minoranza, mentre i restanti vengono scelti dal ministero dell’Economia e quindi dipendono (nonostante la presunta lottizzazione del cda emersa nell’inchiesta) direttamente da Mario Monti, attuale ministro ad interim.

A partire da giovedì, l’assemblea degli azionisti potrebbe dunque essere nuovamente chiamata a scegliere il cda di Finmeccanica, dopo avere eletto soltanto a maggio l’attuale consiglio, che, a sua volta, aveva confermato alla guida Guarguaglini, ma nominato Giuseppe Orsi amministratore delgato (in precedenza il ruolo era ricoperto dallo stesso Guarguaglini). La carica di Orsi, in rotta totale col presidente, non ha limitato l’importanza del 74 enne ingegnere livornese. Grazie alle deleghe, che presumibilmente gli verranno ritirate, infatti, l’attuale presidenza gode di poteri enormi.

A complicare le cose, però, c’è anche l’ipotesi – per nulla irrealistica – che Guarguaglini decida di resistere in carica, anche senza i poteri di cui dispone. Il presidente, infatti, è l’unica figura della holding a ricevere un risarcimento per la cessazione dalla carica prima dello scadere del mandato. Ad eccezione, però, delle dimissioni volontarie. In pratica, Guarguaglini non riceve soldi solo nel caso in cui si dimette spontaneamente, rinunciando così a diversi milioni di euro. Ovvio che a quel punto, solo una decisione del cda costringerebbe il presidente ad andarsene, ma azzererebbe in automatico tutto il board attuale.

Intanto, si è aperto un aspro confronto sull’uomo “che verrà”. Si fanno nomi sconosciuti ai più, espressione di finanza e industria, ma anche delle forze armate. È il caso dell`ammiraglio Guido Venturoni, consigliere anziano di Finmeccanica, sponsorizzato da Giampaolo Di Paola, l’ammiraglio neoministro della Difesa, ma l’ipotesi non sembra credibile. Altro nome quello dell’ex capo della polizia, Gianni De Gennaro, capo di gabinetto di Giuliano Amato al ministero dell`Interno. Si è parlato di Franco Bernabè, presidente esecutivo di Telecom Italia, che ha smentito e del presidente del gruppo editoriale Rcs Piergaetano Marchetti.

Tra i papabili sono in rialzo le quotazioni di un membro interno a Finmeccanica, si tratta di Alesandro Pansa, il direttore generale e della finanza. Pansa gode dell`appoggio importante dell’ex dg e neo viceministro del Tesoro, Vittorio Grilli e di Corrado Passera, ministro dello Sviluppo. Nel caso saltasse tutto il cda e si liberasse anche il posto di amministratore delegato, vengono fatti i nomi di Vito Gamberale e di Mauro Moretti.

In una delle tante dichiarazioni rilasciate il 24 novembre – questa volta al Tg1 – il presidente in carica ha preferito non commentare la data cruciale del primo dicembre, “siccome qualunque cosa io dico viene interpretata, posso solo confermare che la prossima settimana c’è un consiglio d’amministrazione. Per il resto preferisco stare zitto”. A parlare del caso, invece, è stato Gianni Letta – vero grande sponsor di Guarguaglini – che la scorsa settimana ha incontrato Catricalà. L’ex sottosegretario starebbe trattando col suo successore la resa del presidente di Finmeccanica. Un’uscita di scena onorevole in attesa che la situazione giudiziaria si chiarisca.

La vicenda giudiziaria

Guarguaglini è indagato da luglio scorso per presunte false fatturazioni per operazioni inesistenti. Oltre a negare, il presidente ha confidato, a Il Fatto, di essere ancora all’oscuro dei particolari, “ai primi di luglio mi è arrivata una comunicazione del Gip di Roma sulla quale era scritto che il pm Paolo Ielo stava indagando su di me. Ma non c’era scritto perché”.

Il perché lo avrebbe individuato la Procura, convinta che in Finmeccanica, tra le altre cose, si svolgesse una collaudata triangolazione tra imprenditori desiderosi di avere appalti e quindi disposti a favorire o a pagare i politici, per tramite dei manager ad essi collegati. Ad essere tirati in ballo dagli indagati, per circostanze diverse, sono in molti. Dal leader Udc Pier Ferdinando Casini, al sindaco di Roma Gianni Alemanno, dall’ex titolare dei Trasporti Altero Matteoli, al parlamentare Marco Follini, quando era vicepresidente del Consiglio. Dal braccio destro di Tremonti, Marco Milanese, a La Russa, da Gasparri, a Gianni Letta, da Giovanardi, al leghista Giorgetti. Tutti minacciano querele e smentiscono qualsiasi coinvolgimento nella vicenda. In molti casi il nome dei politici viene associato ad una vera lottizzazione interna all’azienda strategica. Una pratica che Di Pietro ha raccontato esser stata proposta anche a lui. L’ex pm afferma di aver rifiutato, per la verità, senza denunciare il fatto.

Tra le rivelazioni degli arrestati – tutte ancora da provare – compaiono finanziamenti occulti, società segnalate da questo o quel politico perchè ottenessero l’assegnazione degli appalti, assunzioni di favore e spartizione politica dei posti di dirigenza delle aziende della galassia Finmeccanica.

L’indagine è partita nel 2010, in merito ad una decina di appalti senza gara pubblica assegnati da Enav a Selex (azienda controllata da Finmeccanica), di cui è amministratore delegato la moglie di Guarguaglini, Marina Grossi, indagata, a novembre 2010, con l’ipotesi di reato di corruzione e false fatturazioni.

Gran parte dell’inchiesta ruota attorno alla figura dell’ex consulente esterno di Finmeccanica, Lorenzo Cola, finito nei guai già in passato. Per la precisione l’8 luglio del 2010, quando viene arrestato per aver preso parte al riciclaggio di diversi milioni di euro. Si tratta del caso che ha coinvolto anche Fastweb e Telecom Sparkle. Una vicenda complessa, incentrata sull’oscura figura di Gennaro Mokbel, l’ex estremista di destra, a capo di un’associazione a delinquere con molte ramificazioni.

Cola avrebbe ricevuto parte degli 8,3 milioni di euro, di presunta provenienza illecita, con cui Mokbel intendeva acquistare il 51% della Digint, una società che per il restante 49% è partecipata da Finmeccanica. Per questo motivo, il 21 marzo 2011, il super consulente di Guarguaglini e consorte ha patteggiato una pena di 3 anni e 4 mesi di reclusione.

L’attenzione dei magistrati nei suoi confronti, però, non si esaurisce. Cola viene di nuovo arrestato e finisce ai domiciliari il 14 aprile del 2011. Già indagato nell’inchiesta Enav, per violazione delle norme tributarie per appalti vinti da una società a lui riconducibile, viene interrogato diverse volte. È proprio lui a chiarire il metodo degli appalti ottenuti senza gara pubblica, spiegando tra l’altro il funzionamento del meccanismo delle sovrafatturazioni utilizzate per creare fondi neri, dai quali attingono – secondo l’ipotesi degli inquirenti – diversi soggetti: dirigenti dell’Enav, manager delle società a cui venivano affidati i lavori e politici.

Per mesi Cola nega che i vertici di Finmeccanica fossero a conoscenza delle tangenti versate ai politici. Ma il 24 agosto scorso, il consulente esterno decide di parlare e per il presidente di Finmeccanica e sua moglie è un colpo durissimo. Al magistrato Cola rivela, “nelle nostre discussioni (con il presidente Guarguaglini ) l’attività di sovrafatturazione e di pagamento di tangenti veniva definita “fare i compiti“. Locuzione che serviva per definire anche l’attività di mettere a posto le carte, la contabilità e tutto il resto, per evitare si scoprissero i fatti illeciti che intervenivano. Quando qualcuno incappava in qualche vicenda giudiziaria, e a ciò veniva dato risalto mediatico, dicevamo che avevano fatto male i compiti”. Mentre per quel che riguarda Marina Grossi, il 9 dicembre 2010, Cola afferma: «si parlava con l’ad Marina Grossi del fatto che per lavorare in Enav occorreva pagare tangenti. È un sistema che lei ha ereditato e che ha continuato a realizzare».

L’inchiesta prosegue ed il 19 novembre 2011, il direttore comerciale della Selex, Manlio Fiore, viene arrestato assieme al commercialista Marco Iannilli, mentre ai domiciliari finisce l’ex ad di Enav, Guido Pugliesi, accusato di finanziamento illecito per una presunta tangente da 200mila euro, che, secondo l’imprenditore (anch’egli arrestato e in passato già finito ai domiciliari per la scalta a Rcs di Ricucci & co.) Tommaso Di Lernia – presente al momento della dazione nella sede Udc di piazza di Spagna – , era diretta a Pier Ferdinando Casini e poi, vista l’assenza di Casini e Cesa, consegnata al tesoriere dell’Udc, Giuseppe Naro.

A far pendere negativamente la bilancia di Guarguaglini, ci sono anche la vicenda e le dichiarazioni rese spontaneamente dal suo ex braccio destro, Lorenzo Borgogni, scoperto in possesso di fondi – per quasi sei milioni di euro – accantonati in modo sospetto e fatti rientrare in Italia con lo scudo fiscale. Testimone a Napoli e indagato a Roma, Borgogni non si stupisce della presa di distanze del presidente ed ammette che “Guarguaglini non era a conoscenza di molte cose”. Tuttavia si definisce il “collettore dei rapporti con i politici“. Un ruolo molto diverso da quello che Cola indica per lui: “Borgogni gestiva il livello di pagamenti destinati ai politici”, sostiene il consulente.

Sempre Borgogni – che sulla provenienza dei soldi fatti rientrare non convince i pm – è intercettato al telefono con un uomo di cui si conosce solo il nome, Marco. La telefonata ha spinto il pm romano Paolo Ielo a formulare la richiesta di arresto per Borgogni, poi negata dal giudice. Questa la motivazione del magistrato: «il tenore della telefonata appare essere inequivoco. Si tratta di una contribuzione al Pdl che rischia di essere confusa con una contribuzione al Pd, palesemente illecita, in ragione del fatto che deve essere effettuata con una società esterna. Carattere di illiceità emerge anche dalla reticenza e dal fastidio manifestati da Borgogni il quale evidentemente sa o presume di essere intercettato».

Il neo sottosegretario che chiedeva fondi a Finmeccanica

La telefonata intercettata, però, ha un seguito, che riporta alla nomina dei nuovi sottosegretari del governo Monti. Borgogni, infatti, parla con un tale Marco. Si tratta di Marco Forlani dirigente Finmeccanica. Al telefono Forlani fa presente a Borgogni le pressioni subite da un certo Filippo per avere una sponsorizzazione ad un imminente evento del Pdl (la convention 2010), che si tiene a Milano. Come ha confermato lo stesso Borgogni, Filippo è Filippo Milone, ex manager del gruppo Ligresti, all’epoca consigliere per la politica industriale dell’ex ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ed ora, nominato sottosegretario proprio alla Difesa. Una nomina, che, considerando i fatti, appare abbastanza incredibile. Come abbastanza paradossale è che, solo qualche giorno fa, Borgogni sia stato interrogato da un altro neo sottosegretario: l’ex Procuratore capo di Roma, Giovanni Ferrara, superiore diretto del pm Ielo.

La complessa vicenda giudiziaria – che, a parte i contatti telefonici, resta tutta o quasi da accertare – mostra una situazione incancrenita, fatta di favori, nomine, prestiti, fondi e tangenti, che fanno gridare ad una nuova “Mani pulite”,

L’occasione per dare una sterzata e mutare l’assetto di vertice dell’azienda partecipata ce l’ha il prossimo atteso cda di Finmeccanica. Un cambiamento appare auspicabile, anche per porre un argine alle perdite del gruppo, considerato una delle poche vere eccellenze della nostra industria.

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