Il cimitero del Canale d'Otranto - Diritto di critica
Sono tre le vittime accertate e 41 i feriti dell’ultimo naufragio in Puglia, lungo la costa di Carovigno. Nella serata di sabato, alcuni migranti (forse settanta), a bordo di una barca a vela sono stati sbattuti sugli scogli salentini. Le grida dei naufraghi hanno richiamato l’attenzione di alcuni abitanti del luogo che hanno quindi attivato i soccorsi.
I soccorritori hanno tratto in salvo 41 persone tra cingalesi, afghani e pakistani, quasi tutti in buone condizioni, solo due di loro sono stati ricoverati nel vicino ospedale di Ostuni. “Intorno alle 18.00 di sabato a Torre Santa Sabina (Brindisi) – dice il Viminale – un passante in transito sul lungomare ha segnalato la presenza di una barca a vela in avaria a poche centinaia di metri dalla riva“. “I soccorsi, inviati dalla Capitaneria di Porto – continua il Viminale – hanno effettivamente constatato la presenza di un natante che, finito sugli scogli, si è capovolto“. Secondo il Viminale “è stato stimato che sulla barca vi dovessero essere oltre 70 clandestini“. Poco prima l’assessore regionale Fabiano Amati, coordinatore della protezione civile regionale, parlava di una decina di cadaveri. I numeri, rimbalzano di ora in ora e non è facile capire quante persone siano realmente in mezzo al mare, quante si siano allontanate e soprattutto quanti erano effettivamente tutti i componenti della barca.
Secondo i racconti dei superstiti mancano all’appello una trentina di persone. Forse, i migranti coinvolti e non ancora trovati, potrebbero essere stati inghiottiti dal mare oppure, si spera, sono riusciti a raggiungere a nuoto la costa per poi disperdersi nelle campagne circostanti. Questa è un’ipotesi plausibile, dato che una decina di ragazzi sono stati rintracciati infreddoliti nelle campagne di Carovigno. Il dato certo è che ancora una volta il Mediterraneo si è trasformato in un cimitero. Dall’inizio del 2011, i morti ufficiali che il nostro mare ha inghiottito sono almeno 2.049.
IN PUGLIA: I migranti avrebbero pagato tremila euro a testa per il viaggio della morte. Forse, speravano di passare per turisti in crociera. Usare barche a vela per mimetizzarsi non è una novità. Soprattutto nelle coste salentine, sono molte ad arrivare cercando di passare inosservate.
Nel Mare Adriatico, tra l’Albania, il Montenegro, la Grecia e le coste della Puglia, sono passati e passano molti migranti. Tanti ne sono morti. Un importante punto di partenza può essere individuato con l’esodo albanese del 1990-1991 che portò nel porto di Brindisi e delle coste salentine ondate di sbarchi. In quella grande emergenza i cittadini di brindisi si distinsero per la grande solidarietà. Moltissimi portarono beni di prima necessità, offrirono cibo e acqua ai migliaia di Albanesi che giungevano in nave.
La più grave tragedia che ricordiamo è quella della Kate I Rader, affondata dopo uno speronamento della nave militare Sibilla, sulle acque internazionali. Era il 28 marzo 1997, quando l’affondamento della carretta provocò la morte di cento profughi provenienti dall’Albania, molti dei quali donne e bambini. Resta ancora oggi la responsabilità politica del governo di allora – il primo governo di centrosinistra – per il pattugliamento navale che fu la causa della tragedia. In quei giorni, come in tutte le tragedie nel mediterraneo che abbiamo visto sino ad ora, i politici iniziarono a rimpallarsi le responsabilità. Una cosa è certa: senza sosta le vittime innocenti continuano ad accumularsi lungo le coste italiane.
Finiti quegli anni turbolenti, a parte qualche arrivo di afghani in navi mercantili, durante gli ultimi anni queste rotte sono state quasi abbandonate. Solamente verso il 2010 hanno ripreso le migrazioni di massa con l’arrivo di 822 persone nel Salento nei primi sette mesi dell’anno, per la maggior parte kurdi e afgani imbarcati in Turchia e in Grecia. Negli ultimi tempi nelle coste pugliesi iniziano a vedersi anche africani e libici: per bypassare Lampedusa, il viaggio diviene lunghissimo.
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