Diritto allo studio: l’America Latina scende in piazza - Diritto di critica
di Alessandro Proietti e Maria Chiara Cugusi
Una protesta che va avanti da mesi, quella degli studenti dell’America latina, e precisamente dal maggio scorso: a migliaia, i ragazzi hanno invaso e continuano a occupare le piazze di Santiago del Cile e Bogotà, sfidando la condotta del governo in tema di istruzione scolastica. Oggi, un’unica voce studentesca risuonerà in tutto il Sudamerica in occasione della mobilitazione per il diritto allo studio, che potrà contare anche sull’appoggio dei colleghi europei di Spagna, Francia e Germania. La giornata di protesta, organizzata dalla confederazione degli studenti cileni (‘CONFECH’) e di quelli colombiani (‘Mesa Nacional Amplia Estudiantil’), ha raccolto anche il sostegno degli studenti in Argentina, Perù, Brasile e Messico.
Il fronte studentesco colombiano ha chiesto di poter negoziare la riforma scolastica con il Congresso, dopo alcune iniziative governative che contemplavano l’intervento di finanziatori esterni. Al vaglio ci sono nuove ipotesi per sovvenzionare la scuola pubblica. Le risorse potrebbero essere prelevate dal bilancio stanziato per il pagamento del debito estero, da quello per la difesa nazionale, o potrebbe venire da alcuni provvedimenti in tema di esenzioni fiscali. La gran parte della popolazione, in Cile e Colombia, esprime un consenso sempre maggiore per i movimenti studenteschi, anche perché i costi per l’istruzione scolastica sono soprattutto a carico delle famiglie. Ogni studente costa allo stato colombiano circa 3 milioni di pesos (1.168 euro), mentre la spesa per ogni soldato è sei volte superiore, aggirandosi intorno ai 18 milioni di pesos (circa 7mila euro).
Nel Cile, lo stato più ricco dell’America Latina, lo scontro politico tra il movimento studentesco e l’amministrazione Pinera, è ai massimi storici. Il 40% della spesa per l’istruzione (dalla scuola primaria all’Università) ricade sulle famiglie. Quasi metà degli studenti cileni frequenta le cosiddette ‘scuole sovvenzionate’, i cui costi sono suddivisi tra lo Stato e i genitori, che in media pagano circa 400 dollari all’anno per la retta di ogni figlio. Nel paese il salario minimo mensile è di 363 dollari e la spesa pubblica per l’istruzione copre appena il 15% dei costi. Dal maggio scorso, gli studenti hanno occupato centinaia di scuole, negando l’accesso anche agli insegnanti. Molti ragazzi iscritti all’Università non seguono i corsi da diversi mesi, rischiando di perdere l’anno. Le forze di polizia cilene hanno arrestato circa 1.800 manifestanti. I danni della protesta studentesca ammontano a 20 milioni di dollari.
Gli studenti chiedono al governo di Sebastian Pinera un’istruzione pubblica gratuita e di qualità. In Cile solo la scuola primaria è gratuita. Il sistema educativo cileno è stato riorganizzato durante la dittatura di Augusto Pinochet, che nel 1981 riformò il sistema universitario abolendo l’educazione secondaria gratuita. Per andare all’Università, il 70% degli studenti chiede prestiti statali o bancari. Nel 1990, Pinochet promulgò la ‘Ley Organica constitucional de ensenanza’, che riduceva il ruolo dello Stato nell’istruzione, affidando l’insegnamento al settore privato e aprendo, di fatto, le porte all’‘Università – azienda’.
Negli ultimi 30 anni in Cile c’è stato un boom di università e scuole private, che oggi accolgono il 60% degli alunni della primaria e della secondaria. Il 16 settembre scorso la ‘Confederacion de estudiantes de Chile’ ha rifiutato una proposta presentata dal ministro dell’Istruzione Felipe Bulnes. Il governo non ha accettato la richiesta degli studenti di estendere il semestre accademico per non perdere le borse di studio statali e congelare tutti i progetti di legge sull’istruzione in discussione in Parlamento. Il 2 ottobre Pinera ha presentato un progetto di legge per punire con il carcere l’occupazione violenta di scuole e università. Il 7 e l’8 ottobre gli studenti hanno indetto un referendum non ufficiale per sapere se i cileni fossero d’accordo con le richieste del movimento. Il 91,3% dei votanti si è espresso a favore di un’istruzione gratuita.