Italia e Libia, i vecchi problemi ritornano - Diritto di critica
Nonostante la morte di Gheddafi e l’instaurazione di un nuovo governo, i vecchi problemi di confini marittimi tra Italia e Libia continuano ad esistere. Così, continuano ad essere sequestrati i pescherecci italiani che operano nel golfo della Sirte. Domenica scorsa è stato infatti rilasciato il peschereccio di Mazara del Vallo Twenty Two, fermato da una motovedetta libica perché navigava in acque considerate dalle autorità libiche “territoriali” e dirottato verso Tripoli.
Le origini della controversia. La controversia sulla pesca tra Italia e Libia è una questione di vecchia data, e mai risolta, che nasce da una delimitazione delle frontiere marittime che è oggetto di un intenso dibattito tra esperti di diritto del mare. L’Italia infatti ha più volte dichiarato di non riconoscere la validità della linea di base retta di 307 miglia marine, adottata dalla Libia per chiudere il Golfo della Sirte in modo non conforme al diritto internazionale e derivante dalla pretesa libica di considerare questo golfo come baia storica. Secondo la definizione data dalla Corte Internazionale di Giustizia, le acque storiche sono “quelle acque che si trattano comunemente come acque interne, mentre non avrebbero questo carattere in assenza di un titolo storico”. Vale a dire che considerando il Golfo della Sirte come baia storica, la Libia può ritenerla soggetta alla sua sovranità sotto tutti i punti di vista. Ma questa pretesa, assolutamente priva di fondamento, è da sempre contestata non solo dall’Italia ma da quasi tutti gli stati mediterranei e dagli Stati Uniti che più volte sono penetrati nel golfo (anche causando uno scontro a fuoco nel 1986) proprio con lo scopo di affermare la libertà di navigazione. Per ottenere il titolo di baia storica è infatti necessario che siano soddisfatti alcuni fondamentali requisiti inesistenti nel caso del golfo della Sirte. La posizione italiana nei confronti della Libia ha per altro aperto un dibattito in dottrina relativamente alla sua compatibilità con la chiusura del Golfo di Taranto.
La zona di Pesca. La Libia ha proclamato una zona di pesca di 62 miglia calcolata non a partire dalla linea di costa ma dalla linea di chiusura del Golfo della Sirte che significa un’estensione decisamente maggiore. Tuttavia, rimanendo al di sotto della linea mediana con l’Italia, il nostro governo non può contestarne la legittimità, ma può contestare la rivendicazione del Golfo della Sirte come baia storica, una questione che invece l’Italia ha trascurato e che avrebbe potuto riportare all’attenzione con il caso “Ariete”. Con la decisione di proclamare una Zona Economica Esclusiva che, come disciplinata dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare, prevede per la pesca alcune norme particolarmente articolate, lo stato costiero avrebbe invece un ruolo decisamente prevalente rispetto a quello degli altri stati. L’Italia non ha proclamato né una zona di pesca né una Zona Economica Esclusiva ma con la legge del 2006 aveva previsto solamente l’istituzione di una zona di protezione ecologica. Il problema della pesca tra i due stati sembrava aver trovato uno spiraglio di soluzione con il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione del 30 agosto 2008. Oggi, invece, l’inizio di una collaborazione in tal senso potrebbe essere rappresentato dal protocollo d’intesa firmato il 29 ottobre dall’Associazione libica per lo sviluppo delle attività marine e il Distretto produttivo della pesca-Cosvap il quale consentirà la creazione di joint-venture in campo ittico per la pesca in mare aperto e all’interno della zona economica esclusiva, la creazione di centri di avviamento e formazione alla pesca e di un centro condiviso per la riparazione dei pescherecci lungo tutto il litorale libico, lo scambio di informazioni e conoscenze relative alla conservazione delle risorse ittiche e la lotta alla pesca indiscriminata ed illegale.
Con le trattative per il rilascio del peschereccio italiano Twenty Two, il problema della pesca nelle acque tra l’Italia e la Libia è stata riportata all’attenzione delle nuove autorità di Tripoli con le quali sarà necessario stabilire un’intensa ed ampia cooperazione per risolvere definitivamente la questione nell’ambito dell’Unione europea, l’unica competente a stabilire il contenuto dell’accordo di pesca, sebbene non lo sia per quanto riguarda le delimitazioni dei confini marittimi che rimangono materia statale.