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Diritto di critica | November 22, 2024

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Cassazione, la strage Thyssen "fu omicidio volontario" - Diritto di critica

Cassazione, la strage Thyssen “fu omicidio volontario”

Sapevano. I sei dirigenti della Thyssen Krupp Torino erano informati dei “gravissimi rischi” che correvano gli operai dello stabilimento 5 e li hanno ignorati, per tutelare “l’interesse economico dell’azienda”. E’ quanto emerge dalla motivazione della sentenza della Corte di Assise di Torino, che ad aprile ha condannato a 16 anni e mezzo di reclusione l’amministratore delegato Herald Espenhahn. E’ la prima volta che in Italia una strage del lavoro viene punita con il reato corrispondente (e chiamata con il suo nome): omicidio volontario.

La Corte di Assise, nelle 504 pagine della sua motivazione alla sentenza di condanna ai vertici organizzativi della Thyssen Krupp di Torino, è salomonicamente chiara. I giudici hanno distinto gli imputati in base alla “colpa cosciente” e al “dolo eventuale”: la differenza tra chi, informato del pericolo, era convinto fosse impossibile il verificarsi di un incidente mortale e chi, invece, aveva accettato di correre il rischio. Ai primi – i dirigenti intermedi – ha comminato tra i 10 e i 13 anni e mezzo: a Espenhanhn, omicida con dolo eventuale, 16 e mezzo. Si tratta del minimo della pena prevista dall’ordinamento italiano per tale reato, grazie alle attenuanti di buona condotta processuale e per il risarcimento alle famiglie (13 milioni di euro, versati nel 2008 vincolandoli a non costituirsi parte civile al processo).

Il fulcro della sentenza è semplice: i dirigenti della Thyssen sapevano che lo stabilimento non rispettava gli standard legali di sicurezza, che il rischio d’incendio era alto e documentato, che gli estintori erano sempre vuoti. La compagnia assicuratrice aveva anche aumentato la franchigia, tanto era probabile il disastro. Ma sapevano anche che, nel giro di pochi mesi, lo stabilimento sarebbe stato chiuso. Perché investire in sicurezza se presto si dismette tutto? Ecco allora i “consigli” per gli operai: suonate l’allarme il meno possibile, spegnete i piccoli incendi che si sviluppano sulla superficie dei macchinari ogni notte, non fermate per nessun motivo la linea di produzione.

Secondo i giudici, dunque, per “scelta miope” si decise di continuare la produzione come se niente fosse; l’azienda ne avrebbe avuto un “contenuto vantaggio economico”. Ed è a Espenhahn che i giudici attribuiscono questa “scelta sciagurata”: una decisione che ha azzerato gli investimenti in sicurezza dello stabilimento “nell’interesse non suo personale, ma della multinazionale”.