Berlusconi si è dimesso, l'Italia nelle mani di Napolitano - Diritto di critica
di Emilio Fabio Torsello e Paolo Ribichini
Berlusconi si è dimesso. La notizia era attesa dopo il voto al ddl “Stabilità”. E dopo che lo spread aveva segnato il nuovo record negativo nei giorni scorsi, dopo insistenti voci di nuove fughe dal Pdl e dopo il voto sul Rendiconto dello Stato, il percorso era segnato.
Archiviato il voto al Ddl Stabilità, il premier ha lasciato Palazzo Chigi da un’uscita laterale, per evitare la folla che, con striscioni e cartelli, nel frattempo si era assiepata su via del Corso. Ma le contestazioni non sono mancate anche fuori da Palazzo Grazioli, dove – secondo fonti vicine al centrodestra – il premier ha salutato ministri e sottosegretari con un brindisi, sottolineando “il proficuo intenso lavoro compiuto”.
A quel punto, la piazza principale è divenuta quella del Quirinale. Qui cittadini e telecamere hanno atteso di veder sfilare l’auto e la scorta del premier dimissionario, un’attesa rafforzata dal comunicato del Colle, diffuso attorno alle 19, sull’orario in cui Berlusconi sarebbe “salito” da Napolitano: le 20.30. Notizia confermata poco dopo da una nota della Presidenza del Consiglio in cui si considerava ufficialmente finita la stagione del Berlusconi quater. Il capo del governo è arrivato sulla piazza del Quirinale attorno alle 21, attorniato da due ale di folla che gridavano “Dimissioni”, “Buffone”, “In galera!”.
L’impressione però è che ormai la capacità del premier di condizionare le scelte e la politica del prossimo governo sia pressoché nulla. Durante un colloquio di due ore proprio con Mario Monti, infatti, Silvio Berlusconi si sarebbe visto rispondere un secco no alla richiesta di avere garanzie in tema di Giustizia e di coinvolgere nel prossimo governo il suo alfiere, Gianni Letta. Dall’ufficio di presidenza del PdL, però, la nomina a vicepremier di Letta sarebbe stata indicata come condizione indispensabile all’appoggio del governo tecnico da parte del Popolo delle Libertà. E se la vicenda politica di Berlusconi è ormai conclusa, lo stesso non può dirsi per i suoi processi: in piedi ne rimangono sei, quattro a Milano e due a Roma.
Il Colle di nuovo protagonista. Ora la palla passa al Capo dello Stato che dovrà valutare se ci sono le condizioni per una nuova maggioranza parlamentare che possa dare il sostegno ad un governo tecnico o del Presidente per far fronte immediatamente alla crisi del debito, attuando da subito le riforme chieste dalla Bce. Mario Monti ha già avuto la sua investitura, anche se non ufficiale. Ora tocca ai partiti trovare la quadra e mettere da parte gli interessi elettorali per mettere al sicuro il sistema economico e finanziario del Paese. Se non sarà possibile trovare una nuova intesa tra il centro-sinistra, il terzo polo e Pdl, il Presidente della Repubblica potrebbe minacciare di sciogliere le Camere per andare al voto entro la fine di gennaio. Un’ipotesi rischiosa che lascerebbe di fatto il Paese senza governo per più di due mesi.
Fine di un ciclo. Si chiude così un’epoca. Berlusconi non ha più la fiducia del Parlamento e, stando ai sondaggi, nemmeno quella degli elettori. La coalizione di centro-destra oggi è indietro di 10 punti percentuali sul centro-sinistra. Recuperare sembra molto difficile. Inoltre, un recupero con lo stesso candidato, Silvio Berlusconi, diviene quasi impossibile. Così, da risorsa, il Cavaliere è divenuto un problema. E anche il suo desiderio di sedere al Colle è oramai sfumato.
Verso un governo tecnico. Non resta quindi che affidarsi a Giorgio Napolitano, chiamato ancora una volta a trovare una via d’uscita in una situazione difficile. Il Presidente punterà a proseguire la legislatura, non solo perché è suo compito costituzionale verificare possibili maggioranze alternative, ma anche perché solo un governo tecnico sarebbe in grado da subito di affrontare la difficile situazione. Per le elezioni ci vorrebbero mesi e soprattutto al Senato potrebbe non delinearsi una maggioranza solida. Così, il più accreditato a sostituire il Cavaliere a palazzo Chigi sembra essere Mario Monti. Anche il Pdl ha dato poco fa il via libera per il nome dell’ex commissario europeo, a tre condizioni. In primo luogo il sì alla fiducia è subordinato alla composizione del governo. In secondo luogo l’ok a Monti dipenderà dalla durata temporale del governo tecnico e dal programma che verrà presentato in Parlamento.
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SE IL POPOLO DEVE VERSARE LACRIME E SANGUE SAREBBE BENE CHE CHI COME I SENATORI O DEPUTATI PRENDONO UN SOLO COMPENSO NO SOMMARE TUTTI I LE VARIE RETRIBUZIONI ANCHE CONSIDERANDO LA PENSIONE
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