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Diritto di critica | November 5, 2024

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Richard Gere: tra carriera, maestri e Buddismo - Diritto di critica

Richard Gere: tra carriera, maestri e Buddismo

Divo e gentiluomo, buddista e attivista. Richard Gere ieri all’Auditorium capitolino è stato l’ospite più atteso e applaudito, tra i flash dei fotografi e l’entusiasmo delle gente, e certamente il più generoso fra tutte le star che hanno (semi)affollato questa sesta edizione del Rome Film Festival: sorridente, cordiale, si è sottoposto alla sequela di domande di giornalisti e pubblico con pazienza, idem per il photocall coi fotografi, e come se non bastasse, il suo è stato il red carpet in assoluto più lungo: quasi un’ora per salutare i fans assiepati lungo le transenne, stringere mani, firmare autografi. Chioma argentata, impeccabile ed elegante, il fascino intatto che le platee femminili di mezzo mondo gli riconoscono da sempre, si è presentato sorridente al braccio della moglie Carey Lowell, elegantissima in mini abito nero ricoperto di strass.

Intanto il pubblico della sala Sinopoli lo aspettava per vedere in sua presenza – il suo primo film da protagonista, il capolavoro di Terrence Malick Days of Heaven. Un’opera rarefatta, esteticamente sorprendente e quasi avvenieristica, nonostante sia stata realizzata nel 1978: un portento 33 anni fa, e ancora oggi. Di questo e molto altro Mr. Gere ha discusso con gli spettatori in sala, una vera lezione di cinema: dopo la visione – “Non vedevo questo film da allora” – ha detto l’attore americano – “sono molto felice di poterlo fare questa sera, insieme a voi, e per questo vi ringrazio” – sul palco insieme al critico Claudio Masenza, il 62enne divo hollywoodiano ha condiviso ricordi e aneddoti legati al film, alla maestria di un cineasta come Malick, alle considerazioni sul cinema di allora rispetto al cinema di oggi. “Un’opera potente, avete visto che fotografia straordinaria, che montaggio accurato (oltre due anni, come sempre nella tradizione di un’esteta della visione come Malick, ndr), lui nel dirigerci era molto esigente, ma è stata un’esperienza unica per me”, ha ricordato Gere, indimenticato protagonista di pellicole come Ufficiale e Gentiluomo, Pretty Woman, Sommersby, Il Dottor T. e le donne, fra gli altri.

Con Days of Heaven, Richard Gere ricevette il David di Donatello e “da allora “ – ammette “amo l’Italia e Roma, per avermi dato il primo riconoscimento della mia vita professionale”. E proprio Roma ieri l’ha omaggiato con la Lupa capitolina, consegnatagli dalle mani del sindaco Alemanno, e ancora oggi con il Marc’Aurelio alla carriera che gli sarà conferito durante la cerimonia di chiusura del festival. Una carriera alla quale ha dedicato tanto, “Ma il mio” – aveva spiegato al mattino in conferenza stampa – “è solo un mestiere, quel che conta è la vita e trovare la libertà e la via”, perchè il cinema e lo star system non sono più una priorità per lui, “al primo posto c’è la mia famiglia e i miei maestri spirituali”. Poi c’è l’impegno per il Tibet, “farei qualunque cosa per i miei fratelli e le mie sorelle tibetani”, i viaggi frequenti verso quelle terre lontane “vengo dagli altipiani nepalesi, sono andato alla commemorazione del 49° giorno dalla morte di un mio maestro, ricorrenza molto importante nel buddismo.

Del sex symbol di ieri insomma – “è soltanto un’etichetta, non mi ci sono mai sentito” – non c’è traccia, contano il presente, gli affetti più grandi, la ricerca continua e incessante, l’attivismo in difesa dei diritti umani tibetani. Che gli è costato lo scredito della Repubblica Popolare Cinese, “che attua tuttora una repressione feroce sotto gli occhi del mondo, verso il Tibet”, Paese dal quale è stato bandito. Ma il suo è un’attivismo sorridente, pacifico, luminoso. “Ogni guerra, ogni conflitto finirà quando l’uomo riscoprirà il senso d’unità dell’universo, riconoscendo che siamo tutti interconnessi”. Difficile a farsi, più facile a dirsi, in tempi bui come questi. Lei è ottimista, mister Gere? E’ la crisi odierna che ci attanaglia, si sente vicino alle migliaia di persone di OccupyWallStreet? “Mi impressiona vedere come l’avidità di pochi, la loro sete di potere, ci abbia condotto fino a questo punto. Siamo stati come violentati. Spero che ora i potenti della terra comincino a capire che la cupidigia va sconfitta e che bisogna ascoltare le esigenze della gente”. E per finire, alla domanda su chi apprezza tra gli attori delle giovani generazioni, risponde sornione:” Ryan Gosling, straordinario. Mia moglie lo adora, quindi vuol dire che somiglia un po’ a me quando ero giovane”.

L’attore più sereno di Hollywood saluta agitando la mano sormontata dal mala di legno, il rosario tibetano. Namastè, Mr. Gere.