G20, Italia a rischio commissariamento - Diritto di critica
Berlino e Parigi non credono alle promesse di Berlusconi e premono per il commissariamento: ventilata l’ipotesi di un prestito-rete dal Fmi. Le borse tirano il respiro sull’annuncio di Draghi, che taglia i tassi con un mese di anticipo. Intorno, i Brics dispensano consigli e tengono ben stretti i cordoni della borsa, più attenti ai problemi interni che ai pasticci europei.
Il nuovo presidente della Bce taglia i tassi d’interesse con un mese di anticipo sulle previsioni dei mercati (decisione unanime del board, sottolinea in conferenza stampa) e offre la garanzia, implicita, che Obama sperava: Francoforte è pronta a stampare moneta per stimolare l’economia europea, accettando il rischio inflazione. La novità rilancia le contrattazioni sui mercati europei, in previsione di maggiori investimenti nel settore privato: nel giro di 2 ore Milano vola a + 3,23%, Francoforte e Parigi seguono a breve distanza.
Gli altri italiani hanno avuto meno fortuna, a Cannes. Berlusconi, tutto teso a difendere le misure anticrisi appena annunciate, viene trattato come un sorvegliato speciale. Angela Merkel e Christine Lagard (Fmi) premono per far entrare l’Italia nelle linee di credito del Fondo Monetario Internazionale: questo significa il commissariamento del paese (a prescindere dal governo) da parte degli ispettori Fmi, per verificare l’attuazione delle promesse di B. Per ora non ci sono cedimenti da parte italiana, ma le pressioni sono forti: a Cannes nessuno si fida di questi italiani.
Anche Washington fa il suo gioco: preservare l’alleato europeo dalle mani della Cina, che potrebbe effettivamente proporsi come “prestatore di ultima istanza”. Per scongiurare il rischio, Obama preme per una Bce simile alla Fed, capace cioè di prestare direttamente agli Stati membri denaro per appianare i debiti. Concorda l’amico-rivale Sarkozy, ancora ostile la Merkel – ma potrebbe cedere presto.
Hu Jintao, però, non scalpita per accollarsi i pasticci europei. Brama l’accettazione come “economia di mercato” da parte della comunità europea, ma non vuole ancora spendere per ottenerla. Soprattutto non vuole rischiare di perdere la presa sul debito americano – vera arma di trattativa con Washington. Dopo aver discusso nei giorni scorsi un possibile finanziamento da 73 miliardi di euro, il governo cinese ha preferito frenare. Idem Brasile, Russia e Argentina, disposti ad aiutare il vecchio continente solo attraverso il Fondo monetario.
Piccola riflessione. La Grecia ha messo a nudo il grande vuoto dell’Europa: la mancanza di legittimazione democratica. I grandi dell’Eurozona temono un referendum popolare più della crisi stessa, e sono disposti al ricatto per scongiurarlo. Non sono pronti ad accettare un “no” ai loro piani salva-stati, o un “si” alla revisione degli accordi. La distanza tra i vertici e la base dell’edificio europeo cresce: da Bruxelles vengono prese decisioni enormi, a volte disastrose per suoi cittadini – come per i greci, forse anche per noi – ma senza alcun feedback. Tedeschi, francesi, italiani, greci, spagnoli vedono la faccia cattiva dell’Euro senza poter dire la loro, tagliati fuori da ogni decisione.
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