Berlusconi perde pezzi, spazio alle larghe intese - Diritto di critica
Berlusconi non se ne va. Lo ha confermato anche Umberto Bossi, di fronte ai cronisti ieri sera. Le dimissioni non sono un’opzione contemplata. Eppure la crisi del debito dipende molto dalla credibilità del governo che lui stesso guida.
Il governo senza maggioranza. “L’esecutivo ha i numeri per governare”, ripetono gli esponenti di Lega e Pdl. E se è vero che teoricamente i numeri ci siano, la maggioranza non esiste più. Non solo nei sondaggi, che danno il centro-destra indietro di 10 punti rispetto a Bersani e co. Il governo riesce ad andare avanti solo a colpi di fiducia. Ma nessuno se la sente di staccare la spina perché votare contro Silvio significa mettersi contro di lui.
Si aprono spiragli. Tuttavia, con l’uscita dalla maggioranza di Roberto Antonione, ex coordinatore di Forza Italia e berlusconiano della prima ora, un qualche spiraglio ad una maggioranza alternativa per un governo tecnico o di larghe intese, c’è. “Lascio il Pdl per non essere complice del disastro”, spiega Antonione, convinto che altri seguiranno i suoi passi. E per questo con altri deputati del Pdl “indisponibili” a continuare ad appoggiare il governo, ieri sera, secondo indiscrezioni, ha dato vita al progetto di un nuovo gruppo parlamentare di centro-destra che apra effettivamente alla possibilità di una nuova maggioranza senza dover ricorrere al voto che in molti ritengono possa rappresentare solo un salto nel vuoto. Intanto, altri parlamentari del Pdl ieri sera avrebbero firmato una lettera in cui si chiederebbe a Berlusconi di fare un passo indietro per favorire l’ampliamento della maggioranza con l’inclusione dell’Udc.
Il Pd per il governo di larghe intese. Per questo lo stesso Pierlugi Bersani martedì sera ha subito informato il Capo dello Stato della non volontà di andare alle urne. D’altronde la prospettiva di un governo di centro-sinistra piuttosto debole al Senato con una crisi senza precedenti da affrontare non è delle migliori. Meglio puntare a responsabilità condivise per fare scelte drastiche, dure e difficili.
“Via il Cavaliere”. “Con Berlusconi al governo ogni sacrificio è inutile”, è il commento di Pierferdinando Casini. E sulla stessa linea anche Fli, Pd e Idv. Infatti, secondo l’opposizione, il punto centrale della crisi del debito risiede proprio nella credibilità del premier. Ed i risolini di Angel Merkel e Nicolas Sarkozy, non certo da intelligenti statisti, la dicono lunga. La parabola del grande affabulatore è conclusa. Quindi, sì ad un governo di emergenza e di larghe intese ma senza il Cavaliere. Ed il momento, guardando alle consultazioni informali di Giorgio Napolitano, sembra giunto. Forse già martedì prossimo 8 novembre con il nuovo voto sul Rendiconto dello Stato. Berlusconi si appellerà al senso dello Stato delle opposizioni, ma questa volta l’aiuto non arriverà.
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