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Diritto di critica | November 21, 2024

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Il governo senza un "piano B", lo scacco matto sulle pensioni - Diritto di critica

Il governo senza un “piano B”, lo scacco matto sulle pensioni

Scritto per noi da Virgilio Bartolucci

L’ANALISI – Nessuno nell’Unione può autonominarsi commissario e parlare a nome di governi eletti e di popoli europei. Nessuno è in grado di dare lezioni ai partner», così, Silvio Berlusconi ha deciso di reagire alle risatine che Angela Merkel e Nicolas Sarkozy hanno riservato alla domanda sulle rassicurazioni fornite dall’Italia. In una nota il premier ripete che il debito italiano sarà azzerato nel 2013, “nessuno ha da temere per la terza economia europea”. L’Italia non prende lezioni da altri Stati membri della Ue e denuncia la  mancanza di contrasto alla speculazione in sede europea, facendo notare come siano proprio le banche tedesche e francesi le più esposte verso il debito greco. Una replica dura quella rivolta, in una nota, dalla presidenza del Consiglio a Germania e Francia. Un moto d’orgoglio, diretto contro le critiche provenienti dall’esterno, che nasconde il momento drammatico vissuto in casa, dove va in scena lo snodo cruciale  per la legislatura.

Mercoledì l’Italia dovrebbe presentare alla Ue le misure necessarie per continuare a ricevere aiuti. La lotta al debito non può essere più rimandata e non sono credibili, né gradite, decisioni di indirizzo politico fumose e non chiaramente quantificabili.

La Ue chiede concretezza e numeri su cui basarsi e poter agire. Ma l’affanno dell’esecutivo, scioltosi nella decisione di mettere mano ad una riforma pensionistica, potrebbe non bastare a salvare il governo né a rassicurare l’Europa. Il Consiglio dei ministri – che aveva in agenda l’ipotesi di allungamento progressivo dell’età pensionabile a 67 anni, contestualmente alla cessazione delle pensioni di anzianità e ad una serie ancora misteriosa di condoni non confermati – è terminato intorno alle 21 con un sostanziale nulla di fatto. Una trattativa proseguita ad oltranza anche a cena, con la voce, poi smentita, di un nuovo vertice di governo in programma per domani.

Di certo c’è solo che la Lega sulle pensioni è pronta alle barricate. Reguzzoni parla di proposte alternative presentate in Cdm, Maroni è lapidario e dei pensionati dice “hanno ha già dato”, mentre Rosy Mauro avverte che i lavoratori padani, questa volta, sono pronti a scendere in piazza. La scelta dell’esecutivo, per quanto dolorosa, permette di non toccare le rendite e di salvaguardare con esse l’elettorato naturale del Pdl. Una decisione che, sostengono i ministri Frattini e Meloni, si giustifica come il sacrificio dei padri in favore delle nuove generazioni.

Un discorso che non attecchisce nel Carroccio, in quanto va dritto dritto a colpire quelli che sono gli interessi geografici difesi dalla Lega. Per Bossi fare retromarcia e accettare un allungamento dell’età pensionabile non è possibile. L’elettorato di base, lo zoccolo duro leghista, che al suo interno comprende persone che hanno iniziato a lavorare in fabbrica non ancora maggiorenni, non potrebbe mai accettare un voltafaccia del genere.

È chiaro che per Silvio Berlusconi è iniziata una partita a scacchi col cronometro, una serie di mosse obbligate cariche di conseguenze irrimediabili e la paura costante di finire sotto scacco. Ma se da un lato, c’è il no irriducibile della Lega, dall’altro, c’è la mano tesa dall’Udc, pronto a votare una riforma pensionistica ben fatta. Stessa linea per Fli, che sfida Berlusconi ad andare avanti a dispetto della Lega, ma pone, come condizione, un passo indietro del premier subito dopo l’approvazione. Immediata la contromossa del Carroccio che stoppa sul nascere la manovra terzopolista: se la riforma delle pensioni passa con il voto dell’opposizione, significa automaticamente che la maggioranza non esiste più.

Tra veti incrociati che si annullano uno con l’altro, si inserisce l’appello della Marcegaglia affinché il governo vada avanti. La presidente di Confindustria non usa mezzi termini: «Il presidente del Consiglio questa sera deve decidere se fare un decreto che serve veramente al Paese con il rischio che una parte della sua maggioranza non ci sia, oppure non fare nulla e mantenere questa maggioranza unita. Spero che il presidente del Consiglio abbia la forza di capire che ci sono momenti in cui servono grandi scelte, in cui bisogna fare cose con lungimiranza, fare cose che servono veramente al Paese pur con le conseguenze che ci potranno essere».

Ma la lungimiranza auspicata dagli industriali stride con una politica che naviga a vista. Il governo si trova nel guado, in mezzo a correnti contrapposte. Oltre alla Lega, infatti, fermamente contrari all’allungamento dell’età pensionabile sono anche Sel e Idv, mentre Udc e Fli sono pronti a sostenere la  riforma del  governo.

Una spaccatura, quella tra le forze d’opposizione, che disorienta il Pd, diviso sulla linea da seguire. In parte convinto dalla necessità di dar seguito alle richieste europee, in parte timoroso di toccare le pensioni, anche alla luce dei sacrifici chiesti alla Grecia e rivelatisi inutili. 

Insomma la legislatura è seriamente a rischio. Tanto che resta difficile ipotizzare cosa sceglierà di fare Berlusconi, che alla fine, potrebbe anche presentare un accordo prettamente politico, di massima. Una piattaforma da sistemare e ridiscutere, ma utile a prendere tempo. Peccato sia esattamente quello che l’Europa ci chiede di non fare.