Black bloc, l'asse Maroni-Di Pietro e la boutade sulla legge Reale - Diritto di critica
L’Italia è il Paese con il vizietto del decreto legge e dei Commissari: tutto è urgenza ma sopratutto gran parte della politica individua decine di emergenze. Ce ne sono di tutti i tipi: intercettazioni, immigrazione, rifiuti, alluvioni, e chi più ne ha più ne metta. Dopo il 15 ottobre scorso, in questa dimensione di frenesia politico-legislativa potrebbero rientrare i Black-bloc e le manifestazioni. Il leader dell’Italia dei Valori, Antonio di Pietro, prima e il Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, poi si sono infatti detti concordi nel rispolverare (e rendere più attuale, limitandola a fermi e arresti preventivi) la legge varata il 22 maggio del 1975, su proposta dell’allora ministro della Giustizia, Oronzo Reale, che ampliava di molto i poteri delle forze dell’ordine. Da un leghista te lo aspetti, dal leader dell’IdV no.
Nel dettaglio, la legge Reale sanciva di fatto il diritto delle forze di polizia ad utilizzare armi da fuoco quando strettamente necessario anche per mantenere l’ordine pubblico. E ancora: il ricorso alla custodia preventiva veniva esteso anche in assenza di flagranza di reato, sempre che vi fosse il «fondato pericolo di fuga» di persone nei cui confronti vi fossero «sufficienti indizi di delitto concernenti le armi da guerra o tipo guerra». In questi casi, le forze dell’ordine erano autorizzate a effettuare un fermo preventivo di 48 ore entro le quali dovevano darne comunicazione all’autorità giudiziaria, chiamata a interrogare e a convalidare il fermo entro le successive 48 ore. Consentite, in caso eccezionali di necessità e urgenza,l’identificazione e la perquisizione sul posto, anche senza un provvedimento dell’autorità giudiziaria, per accertare il possesso di armi, esplosivi o strumenti di effrazione. Infine, la legge Reale vietava l’uso di di caschi o di altro per rendere non riconoscibile il volto dei cittadini durante le manifestazioni.
Se negli Anni di Piombo un provvedimento simile poteva essere previsto e soprattutto appoggiato dalla cittadinanza – che nel referendum del 1978 lo confermò con una maggioranza del 76,5% – oggi la proposta sembra paradossale: quella attuale non è l’Italia delle Brigate Rosse né dei terroristi neri. E sebbene nessuna fonte ufficiale abbia mai fornito un numero definitivo delle vittime degli Anni di Piombo, l’Associazione Vittime del Terrorismo (Aviter) fa sapere che tra il 1969 e il 1988 i morti furono 428, circa duemila i feriti e 14.615 attentati. Numeri che allora potevano giustificare il ricorso a leggi speciali che dessero maggiore libertà di movimento alle forze dell’ordine, mentre lo Stato era sotto attacco. In corso, infatti, c’era un tentativo di destabilizzazione profonda delle istituzioni, al centro di un complesso scacchiere internazionale altrimenti noto come “Guerra fredda”. Per nostra fortuna, oggi non stiamo assistendo a nulla di tutto ciò. Al massimo abbiamo a che fare con una manica di idioti che si divertono a spaccare tutto e nulla conoscono di politica. Verrebbe da chiedersi: dopo Genova 2001 cosa avrebbe dovuto fare il Governo? In quell’occasione gli scontri tra forze dell’ordine e black-bloc furono molto più acuti e terribili.
La tesi nascosta, dunque, è quella secondo cui con un provvedimento simile non si sarebbero verificati gli scontri di sabato scorso. Falso. Il 15 ottobre, infatti, le forze dell’ordine si sono semplicemente fatte cogliere impreparate: arroccate a piazza Venezia, hanno dovuto inseguire il corteo invece che controllarlo. Da sempre, inoltre, la magistratura può avviare indagini per assicurare l’ordine pubblico nel caso in cui tema l’infiltrazione di violenti nelle manifestazioni. E come già è successo in occasione di cortei “a rischio” (gli ultimi casi in Val di Susa), sono state effettuate perquisizioni e sequestri di materiale in modo preventivo.
L’unica cosa che in concreto Maroni dovrebbe fare – per tacere di Di Pietro – non è tornare a leggi speciali quanto evitare i tagli alle forze dell’ordine, sbandierando una presunta politica della sicurezza come caratteristica di questo governo.
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La custodia preventiva non mi piace; uno o deve stare in carcere (se lo merita) o fuori, poi potrebbe essere utilizzata per tappare la bocca ai leader dei movimenti. Fatto sta che io sabato contro i black bloc, che non hanno niente a che vedere con chi manifestava pacificamente ma erano li solo per distruggere ed anche per uccidere (se i due carabinieri non fossero riusciti ad uscire in tempo dal blindato sono sicuro che avrebbero cantato vittoria) ed aprire la testa ai manifestanti pacifici che li avrebbero ostacolati, un colpo di pistola lo avrei sparato. Questo fatto che chi scende in piazza, per qualsiasi motivo e indipendentemente da come si comporta, va difeso a priori non lo condivido.
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