Gli Usa criticano la giustizia italiana, ma da loro è peggio - Diritto di critica
Hanno definito il nostro sistema giuridico “medievale e bizantino”. Dopo il rilascio di Amanda Knox, i giornali americani si sono affrettati a criticare il sistema giuridico italiano colpevole di aver incarcerato una ragazza innocente ora psicologicamente distrutta. Si tratta dell’ennesimo rimprovero incassato da un’Italia ormai priva di credibilità internazionale. Ma gli Stati Uniti, dove due settimane fa è stata eseguita la condanna a morte di Troy Davis, sono nella posizione per poter criticare?
Arrestati per nulla. Da un recente studio è emerso che negli Stati Uniti i ragazzi sempre più spesso sono arrestati per fatti che non possono essere qualificati come crimini ma semplicemente comportamenti che fanno delle interperanze della giovane età. Un esempio eclatante è quello di uno studente della Florida arrestato per aver lanciato una lattina di soda ed incriminato del reato di “lancio di missile”. Essere ammanettati e condotti in prigione provoca chiaramente dei gravi traumi per dei ragazzi che decidono conseguentemente di lasciare la scuola o arrivano addirittura a sviluppare comportamenti effettivamente criminali. Il caso di Paris Hilton poi ha rappresentato un’ulteriore conferma di un sistema non equo. Arrestata per guida in stato di ubriachezza, ha trascorso 23 giorni nella zona vip del carcere prima di essere rilasciata.
Pena di morte, più neri che bianchi. Un altro studio dimostra poi come ci sia un trattamento disparitario del sistema giudiziario, (dal punto di vista degli arresti, condanne e condanne a morte), tra bianchi ed afroamericani o latini, Questi ultimi due sono infatti tra le principali vittime della pena capitale. Pur rappresentando solamente il 12% della popolazione americana, sono di colore il 44% dei detenuti in attesa nel braccio della morte contro il 42% di bianchi che costituiscono il 72% degli americani. Questa sproporzione ha spinto il sociologo francese Arnaud Gaillard, in un’intervista sul “Le Monde”, a definire la pena di morte come la continuazione della segregazione razziale ed economica in un paese in cui l’accusa ha un budget illimitato mentre gli avvocati d’ufficio non sempre svolgono nel migliore dei modi il proprio lavoro.
Gli Usa, quinti al mondo. La potente, moderna e più grande democrazia del mondo si posiziona al quinto posto per esecuzioni capitali dietro a Cina, Iran, Corea del Nord e Yemen. Dal 1926 ad oggi sono state uccise 1.254 persone. Oggi sono 3.330 i detenuti che attendono la loro fine nel braccio della morte. La pena di morte è stata reintrodotta negli Stati Uniti nel 1976 dopo che la Corte Suprema l’aveva dichiarata non contraria alla Costituzione. Oggi è praticata in 34 Stati su 50. I metodi usati sono l’iniezione letale, la sedia elettrica e in alcuni casi anche la fucilazione.
Modelli da non seguire. Sfortunatamente né il sistema giuridico e carcerario italiano né quello statunitense sono dei modelli da prendere d’esempio. Sicuramente però si può giudicare la decisione americana, del tutto anacronistica ed incoerente, di lasciare ancora in vigore la pena di morte che non fa che togliere qualsiasi briciolo di credibilità alle sue critiche.
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La cosa triste è che spesso alcuni adorano riportare gli insulti che noi italiani riceviamo dagli altri Paesi senza poi analizzare le controparti e prendendo quanto letto come “oro colato”, peraltro quasi con una punta di divertimento.
Non voglio delegittimare nessuno nè dire che le mancanze altrui giustifichino le nostre, ma ricordiamocelo: chi parla spesso non lo fa da una posizione migliore della nostra, e sfrutta solo le “ondate”.
Articoli come questo aiutano: informano in maniera corretta chi li legge ( non tutti sanno quanto sopra ) e consentono di far comprendere che spesso molte frecciate che riceviamo hanno motivazioni un po’ più ridicole di quel che possa sembrare.
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