Fuga da Confindustria: dopo Fiat, se ne vanno Fincantieri, Magneti Marelli e le cartiere Pigna - Diritto di critica
Scritto da Emilio Fabio Torsello e Sirio Valent
Il problema è ancora una volta la deriva politica che Confindustria ha preso negli ultimi tempi: “deve rappresentare tutti gli iscritti senza assumere posizioni politiche e porre ultimatum al governo”. Il deputato Giorgio Iannone (PdL), amministratore delegato delle Cartiere Pigna, non usa mezzi termini per bollare come sbagliate le critiche di Emma Marcegaglia al premier Berlusconi e alle sue scelte in materia di politica economica. Poi l’annuncio: anche le Cartiere Pigna lasceranno Confindustria. E se gli addii dovessero moltiplicarsi, per l’associazione degli industriali le cose potrebbero mettersi male. Fulcro del contendere sempre lei: Emma Marcegaglia e le sue recenti prese di posizione, a pochi mesi dalla scadenza del mandato.
Ma l’assalto a viale dell’Astronomia non muove solo dai vertici Fiat. Da più parti, infatti, nella maggioranza si chiede di far uscire le aziende pubbliche dall’associazione degli industriali, in una sorta di ritorsione contro gli imprenditori “disobbedienti”.
E a minacciare di abbandonare Confindustria, nei mesi scorsi è stata anche un’altra grande impresa a partecipazione pubblica, Fincantieri. Per motivi similari alla Fiat. Nel gennaio 2011 l’azienda di Giuseppe Bono è in piena lotta contro la Fiom per far passare la “linea Marchionne”: più produttività, meno assenteismo, ovvero più lavoro alla stessa paga. Ma è solo: il presidente genovese Giovanni Calvini nicchia, quello friulano partecipa debolmente. Anche la nomina dei due vicepresidenti in Liguria è deludente, i candidati Fincantieri non vengono neanche presi in considerazione. A fine gennaio il fattaccio si consuma, l’azienda lascia le due associazioni provinciali portandosi dietro circa tremila dipendenti e 340mila euro di quota associativa.
Ora potrebbe essere il momento di uscire anche dall’associazione nazionale. Trovandosi rapidamente in buona compagnia, con i Magneti Marelli di Bologna (defezione di ieri sulla scia di Fiat) e della Ansaldo Sts (ancora in forse). Non da meno la Breda Menarinibus, in crisi per la disastrosa situazione finanziaria di Irisbus, potrebbe decidere di non pagare la quota associativa e far da sè.
Non è solo colpa del carrozzone confindustriale, è quasi una febbre. Le grandi aziende (che rappresentano circa il 10% dell’associazione di viale dell’Astronomia) fremono per avere le mani libere e rivoltare i rapporti di forza. Galvanizzate dall’esempio di Marchionne, intendono affrontare e vincere le resistenze dei sindacati direttamente, a colpi di ultimatum e referendum. Sentono di essere le più forti, in mezzo all’immobilismo degli altri soggetti: governo, politica, sindacati, Confindustria. E vogliono far da sè.
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La Dr.ssa Emma Marcegaglia è quanto di meglio sia capitato a Confindustria negli ultimi 50 anni. Io sono un associato a Confindustria e La esorto a continuare su questa strada di non sudditanza a NESSUNO. Se vogliamo continuare a dire che và tutto bene e che il Sig. Silvio Berlusconi è stato un ottimo gestore della crisi e stendiamo un velo per carità cristiana sul resto, allora siete tutti in malafede, profondamente in malafedeed è meglio che ve ne andiate.
Cordialmente
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