"Non si saprà più nulla", ecco come cambia il nuovo bavaglio di Governo - Diritto di critica
Scritto per noi da Virgilio Bartolucci
“Non si saprà più nulla“, questa la sintesi lapidaria che Giulia Bongiorno fa della decisione presa dalla commissione Giustizia della Camera, dove è passata la modifica al testo del ddl sulle intercettazioni che potrebbe essere presto approvato con il ricorso alla fiducia ed aprire, così, il secondo capitolo di uno scontro durissimo tra Anm, Fnsi, rete, partiti e sindacati.
Come aveva annunciato ieri, la presidente della commissione, Giulia Bongiorno, ha lasciato l’incarico di relatrice del provvedimento in segno di protesta contro il black out informativo creato dai limiti imposti alla pubblicazione delle telefonate, che non potranno nemmeno essere riportate per riassunto o nel contenuto, impedendo di sapere alcunchè delle inchieste in corso.
Le dimissioni della Bongiorno mettono fine al riavvicinamento tentato dalla maggioranza al Terzo polo: «Non mi riconosco in questo testo e trovo inaccettabile che sia bastato uno schioccar di dita del premier per mandare in fumo due anni e mezzo di lavoro per cercare un accordo», ha detto la presidente, rimpiazzata da Costa nel ruolo di relatore.
Berlusconi del resto lo aveva ammesso candidamente: il testo precedente del ddl era risultato annacquato e per nulla funzionale a contrastare le intercettazioni telefoniche, protagoniste assolute della cronaca politico giudiziaria degli ultimi anni.
Era seguito un lungo stop che aveva fatto credere all’accantonamento definitivo del provvedimento, ma, improvvisamente, l’esecutivo si è lanciato alla carica, a testa bassa come un toro ferito che cerca vendetta.
Il momento che il paese attraversa – crisi, debito, rischio default, tragedie come il crollo di Barletta, che somma insieme, degrado, malessere sociale e lavoro nero sottopagato – non sembrerebbe il più adatto.
Eppure, a volte ritornano. Accade per la famigerata legge bavaglio, che suona il silenzio per la stampa ed apre le porte del carcere per i giornalisti. I nove membri della commissione Giustizia, infatti, hanno approvato due emendamenti del Pdl, che prevedono il carcere per i giornalisti e vietano la pubblicazione fino alla cosiddetta udienza filtro, in cui il giudice stabilisce quali sono le intercettazioni rilevanti e quali no.
A prevedere il carcere è un emendamento che porta la firma del deputato Pdl Manlio Contento. Reclusione da sei mesi a tre anni per quei giornalisti che pubblicano le intercettazioni di cui è stata ordinata la distruzione, ma anche di quelle ritenute irrilevanti.
Con un accordo bipartisan raggiunto in commissione, sulla base di alcuni emendamenti presentati da Zaccaria del Pd e da Cassinelli del Pdl che lasciano fuori i blog, però, la nuova formulazione va a tagliare letteralmente le gambe alle testate giornalistiche on line.
Solo le testate on line, infatti, regolarmente registrate in tribunale, dovranno rettificare obbligatoriamente ed entro 48 ore qualsiasi notizia venga ritenuta lesiva da chiunque si ritenga interessato, pena una multa che arriva a superare i 12 mila euro. Tutto ciò, invece, non si applicherà ai blog, come inizialmente previsto dalle ipotesi di modifica maggiormente restrittive.
Riprendendo la denuncia di Wikipedia: si tratta dell’obbligo per tutti i giornali on line – quelli fatti da più persone e quindi più temuti, con più utenti, pubblicità e una forte espansione futura – di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcuna possibile replica, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine.
La valutazione della “lesività” dei contenuti non viene rimessa a un giudice terzo e imparziale, ma unicamente all’opinione del soggetto che si presume danneggiato. Quindi, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su una testata giornalistica on-line potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiederne non solo la rimozione, ma anche la sostituzione con una sua “rettifica”, volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti.
Per semplificare: significa, ad esempio, che una testata on line, come Diritto di critica, potrebbe presto trasformarsi in una lunga sequela di rettifiche volute da chiunque, anche senza nessun reale motivo, si ritenga leso dalle parole di un articolo. Potrebbe tranquillamente mutare nome in Diritto di rettifica.
La scelta di colpire solo le testate on line e non i blogger non può essere casuale. Segno che sono proprio i siti professionali a creare i problemi più grossi: maggiore organizzazione e minore allineamento rispetto ai giornali tradizionali. In tutto ciò non si comprende perché aver registrato una testata sembra quasi una discriminante negativa e, inoltre, perché introdurre un obbligo di rettifica, che è già un dovere del giornalista, togliendo il diritto di replica e la verifica delle contestazioni in oggetto. Avete presente quando si diceva che la rete è la nuova frontiera dell’informazione libera, soprattutto a livello giovanile, tanto da spostare i voti e orientare le nuove generazioni che non si riconoscono più nell’informazione canonica? Ecco, adesso il problema è risolto.
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la verita’ non moira’ mai!!!!!!!!
ricordatevelo signori al potere,ricordatevelo! -
Libertà di parola e di pensiero! Facciamo sentire la nostra voce
http://www.petizionionline.it/petizione/no-alla-legge-bavaglio/5201 -
agiscono da fascisti. SARANNO TRATTATI COME I FASCISTI
DEL 25 APRILE 1945. A NZI PEGGIO. VABENE? -
E’ la più grossa porcata che si possa fare alla libertà di espressione, stiamo tagliando le gambe, e soprattutto la testa alle nuove generazioni, bisogna ribellarsi ma stare attenti a non sfociare nella violenza, con intelligenza. Confido nei giovani.
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