L'Aquila, tra silenzio e abbandono - Photogallery - Diritto di critica
Foto e testo di Vincenzo Pierri
L’Aquila, di per sé, ha un nome che guarda lontano e mira alto, come se non appartenesse alla Terra. Per questo motivo bisogna immaginarla, per come la si volesse che fosse. E allora nella mente si fa spazio una città sospesa a mezz’aria, come fosse una delle Città Invisibili di Italo Calvino. Antica, bellissima e piena di luce.
E’ difficile spiegare a parole cosa si prova camminando in quelle viuzze oppresse dal caldo, tra l’odore di bitume appena colato e quello dei pneumatici lasciati marcire al sole. Per questo le immagini parlano più di ogni altra cosa. Camminando lì si avverte un silenzio assordante grondare dai palazzi semi-distrutti. Ci sono le antenne che non ricevono più alcun segnale, la ruggine, i colori sbiaditi, l’erba alta che riempie ogni anfratto. Ancora polvere, un triciclo tra le macerie stipate ai bordi delle strade. Altre macerie, macerie. Macerie. Il supplizio degli aquilani riecheggia tra le strade senza età, nelle foto dei cari scomparsi attaccate alle transenne, ma soprattutto in quella coscienza collettiva che sembra trasudare dalla città silente.
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cos’è una casa? è forse come un corpo, con dentro persone che rappresentano le emozioni, i pensieri. È forse un animale, con dentro stanze piene di ricordi, azioni quotidiane, canzoni e bauli. È quindi uno strazio guardare ancora foto di queste case lacerate, di questi corpi abbandonati senza sepoltura, di questi animali randagi senza rifugio. Non è forse questa L’aquila oggi? non è sempre un nodo in gola, un lamento che nessuno vuole ascoltare?
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E sentire quei due ridacchiare al telefono per la loro “opportunità” di lavoro di ricostruzione è vomitevole.
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