Tremila miliardi dal G20 per l'euro e le banche, adesso la Grecia può fallire - Diritto di critica
Scritto per noi da Virgilio Bartolucci
Ricapitalizzare le banche e rimpinguare il Fondo salva Stati per permettere alla Grecia di fallire in tutta tranquillità. Potrebbe essere sintetizzato così, con una massiccia dose di cinismo, quanto trapelato dal G20 di Washington, dove i vertici della politica economica occidentale hanno deciso di prendere in mano una situazione che rischia di esplodere e mandare a gambe all’aria l’euro, la Ue e buona parte dell’economia che conta, sempre più a rischio di una recessione globale.
Tremila miliardi di euro, un’iniezione paurosa che, in parte, rifinanzia le banche europee più esposte con la Grecia, ma, soprattutto, va a gonfiare il Fondo europeo salva Stati.
Ora che il fallimento della Grecia è stato sancito anche dal G20, il problema è permettere ad Atene di restare nell’ Eurozona e alle banche di non essere trascinate nel vortice dalla mancata restituzione dei crediti. Bisognerà vedere come le anticipazioni fornite dal Sunday Times saranno accolte dai mercati alla riapertura.
Col nuovo piano, da presentare a breve, la politica economica mondiale ha intenzione di circoscrivere l’incendio prima che si propaghi con conseguenze disastrose. Innanzitutto, togliendo le castagne dal fuoco ai paesi europei più esposti: Francia e Germania. Si tratta di una cospicua riserva di denaro immesso nelle casse degli istituti di credito, da utilizzare, sembra, solo in caso di necessità.
Con le banche messe in sicurezza, viene a cadere quanto la Merkel e Sarkozy hanno detto per mesi: bisogna salvare la Grecia a tutti i costi. Ora non ce n’è più bisogno. La Grecia va incontro a un default pilotato, senza uscire dall’Eurozona e senza mettere a rischio la moneta unica. La strategia del G20 ritiene fondamentale concentrarsi sulla gestione del fallimento greco – che presumibilmente avverrà a novembre – e cercare di isolare Irlanda e Portogallo, da Spagna e Italia.
Nelle intenzioni del G20, il fallimento greco dovrebbe restare un caso isolato. A questo serve l’allargamento da 440 a 3 mila miliardi di euro del Fondo europeo salva Stati, l’Efsf, che potrà anche rivolgersi al mercato allo scopo di aumentare la sua capacità d’intervento. Il piano non è frutto di un’intesa a cuor leggero, ma della necessità di un intervento vincolato ad un impegno preciso dell’Europa e della Banca Centrale europea.
Il pericolo del contagio spaventa tutti e, su tutti, la Cina e gli Stati Uniti che premono e non risparmiano critiche alla Ue e alla Bce. Un quadro della catastrofe è stato tratteggiato dal segretario al Tesoro americano, Tim Geithner, che ha evocato come la “minaccia di default a cascata, corse agli sportelli e rischi catastrofici che devono essere levati dal tavolo, perché in caso contrario tutti gli altri sforzi saranno minati, sia all’interno dell’Europa che a livello globale”.
Le parole senza appello di Geithner hanno smosso l’organo esecutivo del Fondo monetario internazionale, l’Imfc, l’International monetary and financial committee. Christine Lagarde ha chiesto impegni precisi: il Fmi sosterrà i paesi dell’euro, a patto che, entro ottobre, attuino il piano anticrisi approvato il 21 luglio a Bruxelles. Stati Uniti e Fmi, rimproverano alle istituzioni e agli Stati membri della Ue il fatto di non essersi ancora mossi con decisione. Ora tutto dipende da come supereranno gli interessi contrapposti che paralizzano i cambiamenti annunciati.
In questo clima da scontro finale, Mario Draghi, il presidente dell’Fsb (Financial stability board, che ha il difficile compito di mettere a punto una riforma delle regole della finanza), ha presentato al Fmi un rapporto in cui parla di «sfide urgenti», riferendosi alla regolamentazione e alla stabilità finanziaria. “I rischi sovrani e del sistema finanziario sono strettamente interconnessi” , dice Draghi, i governi dovranno operare alla base del sistema, sul fisco e su una serie di riforme strutturali, mentre “il settore finanziario dovrà continuare a riparare e a rafforzare i bilanci delle banche per ricostruire la resistenza agli choc”. Fisco, riforme e banche, tre elementi di crisi da affrontare subito.
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