Palestina all'Onu, il veto può uccidere l'America - Diritto di critica
All’Onu è in corso una partita decisiva. Obama si gioca la credibilità in Medio Oriente, e al contempo la rielezione di novembre 2012; l’America rischia di vedersi scavalcata da un’assemblea che non la teme più; l’Europa, divisa, fa i conti con il nuovo potere dei Paesi BRIC. La resa dei conti diplomatica tra Israele e Palestina stravolge gli equilibri post-guerra fredda.
Il presidente americano Barack Obama soffre l’aria del Palazzo di Vetro. Di fronte ad un’Assemblea ampiamente favorevole al riconoscimento della Palestina come stato membro (120 paesi su 192, secondo le indiscrezioni), è determinato a porre il veto Usa in Consiglio di Sicurezza. Se lo farà, come tutti si aspettano (a cominciare da Netanyahu), perderà quel poco di credibilità che ha guadagnato in Medio Oriente dal discorso del Cairo ad oggi. E con essa, la speranza di disinnescare pacificamente la bomba iraniana. D’altro canto, votare sì significherebbe bruciarsi l’elettorato ebraico (e le loro sovvenzioni) alle prossime elezioni in patria, su cui già deve contare al centesimo il margine di vantaggio sui repubblicani.
Eppure sarebbe l’unica scelta lungimirante per l’America. Il veto può fermare il voto in Consiglio di Sicurezza, ma non in Assemblea, dove vige la maggioranza semplice: qui passerà probabilmente la mozione di adesione della Palestina come “Stato osservatore non membro“,
sull’esempio del Vaticano. Sembra poco, ma implica il riconoscimento dei confini (anche quelli del 1967, mai accettati da Israele) e l’ingresso di membri palestinesi alla Corte Penale Internazionale – e chi potrebbe impedire loro di denunciare Tel Aviv per gli sfollamenti della popolazione nei territori occupati dalle colonie?
Se Washington viene scavalcato, il Consiglio di sicurezza perderà forza. Potrebbe anche avanzare la proposta, ferma da 18 anni, di riforma del sistema decisionale dell’Onu: nuovo metodo di elezione dei membri permanenti, maggiori poteri dell’assemblea, soprattutto uno spostamento dell’Organizzazione da Occidente verso i BRIC (Brasile, Russia, Cina e India). La loro statura, anche economica, supera ampiamente quella di Usa e Ue unite: forse è tempo che si assumano più responsabilità e più poteri a livello globale.
E l’Europa? Non pervenuta. I singoli paesi si muovono autonomamente, puntando a consolidare il consenso interno sul tema palestinese. Da un sondaggio di Avaaz , britannici, francesi e tedeschi sono per l’ingresso, con buona pace dell’Alleanza Atlantica. Manchiamo solo noi, ma non è una novità: il tema mediorientale ci tocca solo per sentito dire, non avendo adottato negli ultimi 15 anni una linea politica al riguardo. Si va a vento, forse alla deriva.
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Una redazione della notizia intelligente a fronte dell’insipienza di quasi tutte le veline che si trovano utilizzando Google News. Aggiungo soltanto che noi cittadini comuni d’Italia e d’Èuropa, che non abbiamo nulla a che fare con le caste, non abbiamo pure neppure nulla da temere con una nuova sistemazione del mondo più equilbrata e più basata su criteri di giustizia e di equa distribuzione della ricchezza: non si può crescere all‘infinito fino a scoppiare, ma è invece importante l’armonia e l’equità.
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