Governo e Regione pasticciano, Bruxelles rifiuta la Zona franca per L'Aquila - Diritto di critica
“I dati socioeconomici presentati, non appaiono comprovare sufficientemente l’effettiva gravità e criticità della situazione economica dell’area proposta quale zona franca urbana, ossia il comune dell’Aquila”. Bruxelles – nella persona della responsabile Unità Aiuti di Stato, Blanca Rodriguez Galindo – rispedisce al mittente la richiesta di istituire nel capoluogo abruzzese una zona Franca urbana. Motivo? I documenti inviati dal Governo italiano e dalla Regione sono insufficienti e non attestano una situazione particolarmente grave, tale da giustificare un simile provvedimento fiscale. E se nei prossimi venti giorni non verrano inviate ulteriori “prove” ben più convincenti, tutta la procedura potrebbe finire archiviata.
La nota di Bruxelles prosegue sottolineando che “i dati economici forniti non delineano una situazione drammaticamente diversa da quella del resto del Paese e la metodologia seguita per l’identificazione della Zona franca sembra mancare di elementi statistici oggettivi che giustifichino la scelta del comune dell’Aquila”. E le ipotesi sono due: l’economia italiana è “terremotata” quanto quella aquilana oppure il governo ha inviato a Bruxelles carte incomplete e poco chiare nei riguardi di un territorio come quello aquilano, dove l’economia stenta – nella realtà – a ripartire.
Dubbi da Bruxelles anche sulla durata della Zona Franca urbana – 14 anni – e all’Italia si chiede di “giustificare la durata e l’ammontare dell’aiuto, anche con la simulazione di quanto una piccola impresa verrebbe a ricevere” e di indicare “quali meccanismi di controllo sono stati previsti per evitare un effetto di sostituzione tra le imprese esistenti e le nuove, al fine di evitare chiusure e riaperture fittizie al solo fine di ottenere le agevolazioni previste dalla zona franca urbana”.
Inutile dire che se la responsabile di Bruxelles venisse in missione all’Aquila, si renderebbe conto della compromissione del tessuto economico e sociale cittadino. Ma la legge è uguale per tutti e quando si inviano i dati – soprattutto in relazione ad una tragedia simile – si dovrebbe avere l’accortezza di spedire in Europa matriali e motivazioni inoppugnabili, tali da convincere subito le Commissioni chiamate a decidere. E invece di superficialità ce ne sarebbe stata tanta. “I dati inviati da chi ci governa – ha commentato l’ex presidente della Provincia e attuale assessore comunale Stefania Pezzopane – non sufficienti a comprovare l’effettiva gravità. Sono stati inviati, infatti, i dati economici preterremoto, dai quali la situazione aquilana non appare molto diversa da quella nazionale”.
Per dare la cifra della situazione aquilana, infine, basta guardare i dati dell’Inps. Secondo l’Istituto nazionale per la previdenza sociale, infatti, tra il 2008 e il 2010 le aziende “attive” nel comune dell’Aquila sono calate di oltre cento unità, passando da 2.609 a 2.505. Crollate anche le presenze turistiche, passate dalle 216.641 del 2008 alle 153.283.
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Premetto che non vivo ad Aquila e quindi non posso rendermi personalmente conto edella situazione.
Detto questo, sono fortemente contrario a provvedimenti di questo tipo, perché se da un lato possono aiutare una zona, dall’altro finiscono per penalizzare le zone adiacenti.
E’ come l’esenzione dei contributi previdenziali per chi assume un lavoratore in mobilità, che si aiuta chi ha la ‘fortuna’ di essere stato licenziato con certe modalità, dall’altra condanna alla disoccupazione certa chi non può usufruire di questo diritto.-
hai detto bene, non sei Aquilano… qui è un disastro e solo una zona franca potrebbe, e dico potrebbe, xkè la situazione è da terzo mondo… l’aquila è finita e ormai morta e sepolta..
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Non dicevo di non aiutare l’Aquila, dicevo solamente di trovare dei metodi che non spostino il problema di quaalche chilometro.
Un saluto a tutti gli Aquilani
Amos
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