L'Alta moda contro la figlia del dittatore - Diritto di critica
Non solo le associazioni umanitarie o le ong. A dare il proprio contributo a favore dei diritti umani è questa volta l’alta moda, in un binomio tra passerelle e impegno umanitario inusuale e forse proprio per questo ancora più d’impatto. E’ infatti del 9 settembre scorso la decisione degli organizzatori della New York Fashion Week – uno degli eventi più in vista del settore – di cancellare lo show di Gulnara Karimova, figlia del contestato presidente uzbeco Islam Karimov, previsto per il prossimo giovedì.
Ambasciatrice uzbeca in Spagna e rappresentante permanente del suo paese presso le Nazioni Unite, la Karimova ha alle spalle anche una carriera come cantante pop sotto il nome di “Googoosha” e nel 2009 a Milano ha lanciato la sua linea d’abbigliamento “Guli”, presentata lo scorso anno sempre alla New York Fashion Week.
Per giovedì 15 settembre era stato invece programmato il lancio in passerella della nuova collezione primavera-estate 2012, ma già all’inizio dell’evento diversi gruppi di attivisti per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch, avevano iniziato una protesta contro la sua presenza perché simbolo di un governo repressivo.
L’associazione aveva infatti già ampiamente testimoniato le gravi violazioni dei diritti umani di cui si era reso responsabile il governo dell’Uzbekistan per mano del presidente Islam Karimov: dalla tortura sistematica, alla repressione della società civile, dall’incarcerazione di dissidenti e giornalisti al lavoro minorile forzato. «Schiavizzare i bambini e torturare i dissidenti non è mai chic – ha affermato il ricercatore di Human Rights Watch per l’Uzbekistan, Steve Swerdlow – e siamo sollevati che la New York Fashion Week non faccia da vetrina ad una stilista che rappresenta un governo così repressivo. Stanno lanciando il messaggio secondo cui a chi viola i diritti umani non si può permettere di ripulire in questo modo la propria immagine». In particolare, sotto l’indagine delle associazioni per i diritti umani è l’utilizzo di minori per lavori forzati: un esempio documentato da Human Rights Watch quello dei campi di cotone, dove ogni anno il governo manda quasi due milioni di bambini – tolti per un paio di mesi dalla scuola – a raccogliere in condizioni molto precarie il cotone che viene poi venduto all’estero. Già alcuni marchi, come ad esempio Gap o H&M, si sono impegnati a non comprare più il materiale dall’Uzbekistan perché prodotto in modo illegale.
Human Rights Watch aveva fatto pressioni fin dall’inizio affinché IMG – organizzatore della New York Fashion Week – e gli sponsor dell’evento prendessero in considerazione le testimonianze circa gli abusi in Uzbekistan e si dissociassero dalla presenza di Gulnara Karimova finché la situazione nel paese non fosse cambiata. La decisione di cancellare il suo show dalla programmazione, quindi, lancia secondo Human Rights Watch un messaggio importante direttamente al presidente uzbeco, ricordandogli che le violazioni dei diritti umani nel suo paese sono una questione globale. «L’azione della New York Fashion Week – conclude Swerdlow – mostra che chiunque può giocare un ruolo nella lotta per i diritti umani, anche in posti lontani».