Lampedusa, l'isola che non c'è - Diritto di critica
- Emanuela De Marchi+
- 7 Settembre 2011 Aggiungi questo articolo al tuo Magazine su Flipboard
Ai confini dell’Europa, in mezzo al Mediterraneo una terra quasi africana affascina e fa innamorare per la sua unicità e la sua selvaticità: Lampedusa. E’ l’isola senza semafori, dei Mehari e dei motorini, delle strade non asfaltate, delle case mai finite. Un paese che sembra in continua costruzione ma allo stesso tempo così fermo e ancora così autentico. Circondato da un paesaggio lunare che si perde tra le infinite sfumature di colore del cielo e del mare, appare una terra incredibilmente inospitale. Invece Lampedusa è da sempre un’isola pronta ad accogliere chiunque ci arrivi.
Crocevia di culture e religioni. Per la sua posizione nel Mediterraneo, tra l’Europa e l’Africa, in un mare con venti pericolosi, a volte fatali Lampedusa è stata crocevia di persone di ogni cultura e religione. Il simbolo della generosità e di quell’integrazione multiculturale che si pubblicizza in televisione ma che qui è nata spontaneamente per l’affetto e la commozione che gli abitanti provano per chi coraggiosamente ha sfidato un mare adorato e temuto ed è arrivato sano e salvo a terra.
Turisti vs. migranti. Tra turisti ed migranti, i Lampedusani fanno tutto il possibile per far sentire chiunque a casa. L’isola si divide così in due. Un lato che ospita nel silenzio della natura quasi marziana i migranti soccorsi e tenuti lontani dal paese avvolto in una nuvola di confusione e di rumore dei motorini dei turisti che l’affollano. Un turismo prezioso ed intoccabile che deve essere salvaguardato dalle notizie dei giornali. A Lampedusa coabitano due realtà diverse, quella piena di pensieri e di preoccupazioni degli immigrati e quella fatta di allegria e totale spensieratezza di chi la sera si gode il passeggio tra negozietti e bar di via Roma dopo una giornata passata a contemplare un mare spettacolare.
Media e pregiudizi. Ma quando si parla in tv di Lampedusa si parla di migranti. L’attenzione dei media è tutta per loro di cui spesso è data l’immagine di invasori e di violenti criminali. Per questo il turismo sull’isola è fortemente calato. Pregiudizi e paure si sono radicate in chi viene dal “Continente”, spaventato dall’idea di “fare il bagno con i clandestini” o di incontrarli per strada.
Solidarietà e accoglienza degli isolani. Ma tra i Lampedusani c’è più rispetto che chi viene dall’Africa. Gli occhi dei pescatori a cui è capitato di incrociarli in mare si riempiono di tristezza pensando a ciò che hanno visto. Troppo difficile da descrivere o da immaginare: il loro sguardo si spegne e si perde lontano. Le donne si commuovono quando raccontano della gioia che hanno provato nel poter aiutare quei ragazzi in cui rivedono un po’ i proprio figli e che ritengono così coraggiosi da meritare tutto l’affetto che possono offrirgli. “Non c’è cosa più bella che poter vedere sui loro volti un sorriso di soddisfazione e gratitudine per avergli dato la possibilità di lavarsi”. La carità è all’ordine del giorno. E per chi non ce l’ha fatta, vengono raccolti i soldi per regalare una degna sepoltura, una croce senza nome.
Dare tanto e ricevere nulla. Lampedusa, così a sud, così piccola e lontana si sente spesso dimenticata dallo Stato e lesa dai giornalisti. Mancano le strade, manca un’assistenza sanitaria adeguata. “Ci si può rompere un braccio solo il giorno in cui arriva l’ortopedico”, spiega un pescatore; non c’è un reparto maternità. C’è solamente un elicottero per le emergenze, l’altro è per i migranti.
Lampedusa è quindi un’isola che ha dato e dà tanto ma ritiene di ricevere davvero molto poco. Tuttavia molti lampedusani sono pronti ad accogliere ancora chiunque ne abbia bisogno perché sono proprio i viaggiatori del mare l’anima pulsante di quest’isola.
Vedi anche: Lampedusa, la difficile convivenza tra turismo e migrazioni
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