Caso Papa, è guerra di posizione tra Lega e PdL - Diritto di critica
E’ guerra fredda tra PdL e Lega all’indomani dell’arresto di Alfonso Papa. Dopo lo strappo del Carroccio “a trazione Maroni”, il ministro dell’Interno e il premier gettano acqua sul fuoco e tentano di far rientrare l’emergenza per studiare le prossime mosse. “La Lega è compatta, c’è la guida salda di Umberto Bossi. Tutto il resto sono ricostruzioni fantasiose“, ha spiegato in serata Maroni rispondendo a quanti gli chiedevano numi su un eventuale passaggio del testimone con il Senatur; proprio mentre Silvio Berlusconi da Bruxelles dava conto dell’ennesima “rassicurazione” leghista sulla tenuta del governo: “non c’è nessun rischio per la coalizione“. Ma il malcontento nella truppa è tangibile.
Dalle pagine del Messaggero, infatti, stamattina era arrivata la stoccata violenta di un ministro del PdL: “Maroni è riuscito a fare nel suo partito ciò che molti sperano faccia Alfano al più presto nel PdL”. Un auspicio – “al più presto” – capace da solo di descrivere tutta l’urgenza di un ricambio “generazionale” alla guida del PdL. E davanti alla prospettiva avanzata da Berlusconi di un nuovo tour nelle regioni italiane per recuperare consensi, il deputato Pepe ironizzava: “la prossima volta il predellino lo fa con noi sotto”.
Anche il vertice di oggi pomeriggio tra il leghista Roberto Calderoli e lo Stato maggiore del PdL sembra non aver sortito gli effetti sperati. La linea del Carroccio adesso è quella di ridurre la crisi a una resa dei conti interna tra i nostalgici “maroniani” – fedeli alla Lega delle origini – e la minoranza più vicina alle posizioni del governo. Una linea che però non convince quasi nessuno: “Enfatizzano divisioni per nascondere il progressivo smarcamento dalla maggioranza”, ragionava poco fa un ministro pidiellino. Il gelo, dunque, è evidente.
Rassicurazioni a parte, dunque, da ieri la partita nella maggioranza è aperta su due fronti. Da un lato la leadership della Lega – tra Umberto Bossi e Bobo Maroni – dall’altro il passaggio del testimone nel PdL, tra Silvio Berlusconi e il neosegretario del partito, Angelino Alfano. In mezzo, Alfonso Papa. Che nel frattempo è finito in carcere.
E in serata in Transatlantico tra le fila del PdL si bofonchiavano minacce e prove di fedeltà. Da un lato l’abolizione delle province tanto care al Carroccio, dall’altro l’ipotesi di rispolverare un decreto come quello sulle intercettazioni, su cui testare la fedeltà della coalizione. Fantapolitica rancorosa: per evitare una nuova spaccatura, infatti, poco prima era stata rinviata la decisione sul rifinanziamento della missione in Libia. Nella guerra di posizione, il governo è immobile.
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