Murdoch, l'Italia e il processo impossibile - Diritto di critica
Scritto per noi da Normanno Pisani
Ammettiamolo. Visto dalla prospettiva del nostro Paese il caso Murdoch suona stonato. Dall’Italia assistiamo a “eventi insoliti” come le dimissioni del capo di Scotland Yard e della direttrice di “News of the World” che da noi sarebbero probabilmente riciclati come deputati. In Inghilterra, come negli Stati Uniti, non è tanto la giustizia che provoca questi terremoti, ma è l’opinione pubblica a chiedere spiegazione: quindi Murdoch si è visto costretto a chiudere uno dei tabloid inglesi “storici”, pubblicato da più di cento anni. Come se ciò non bastasse, si è dovuta dimettere la sua pupilla, Rebekah Brooks, che si è immediatamente costiuita ed è stata arrestata. Ciò che ci sconvolge quando leggiamo di questi avvenimenti è come spesso sia dato per scontato che coloro che hanno sbagliato paghino o comunque affrontino i processi senza gridare allo scandalo, anzi decisi spesso a chiarire le cose.
L’impero di Murdoch per quanto potente, si è dovuto piegare al giudizio dell’opinione pubblica che non solo non perdona, ma regna, e continua a regnare, poiché dietro ad ogni cittadino c’e un consumatore: preso singolarmente il consumatore conta poco ma, specie negli Stati Uniti, questi consumatori, insieme, possono far fallire le aziende. Le class-action infatti mettono in seria difficoltà anche le più grandi multinazionali.
In Italia, invece, dovrebbe farci riflettere che il giornale della famiglia Berlusconi abbia dato notizie poi rivelatesi inesatte – come il fango su Dino Boffo o il finto attentato a Fini – e sia rimasto impunito sotto il profilo delle vendite. In questo, invece, caso “lo squalo” deve utilizzare tutta la sua potenza mediatica per scusarsi dell’accaduto e garantire che coloro che hanno sbagliato pagheranno, e subito.
Va inoltre precisato che per questo caso, pur essendo le accuse di notevole rilevanza in confronto alle piccole mistificazioni del “Giornale”, Murdoch non ha usato la stampa per sbraitare contro la magistratura, non ha ordinato ai suoi opinionisti di convincere i lettori che si tratti di un complotto, anzi, si è sottoposto ai processi ed ha avviato un procedimento di rinnovamento di tutto il management della sua azienda. Questo non perché Murdoch sia animato da un sentimento di giustizia o sia scandalizzato per ciò che accade, non a caso lo chiamano “lo squalo”, il punto è che non può comportarsi altrimenti: i suoi giornali, in particolare quelli incriminati, smetterebbero di vendere, la gente si rifiuterebbe di consumare i suoi prodotti e il suo gruppo potrebbe anche rischiare la bancarotta.
Mentre in Italia non si riesce a eliminare le province o a diminuire i costi della politica, proposte disattese sulle quali i partiti ottengono i nostri voti, negli altri paesi anche le multinazionali devono temere il giudizio dell’opinione pubblica.
Negli Stati Uniti e in Inghilterra i “furbetti del quartierino” ci sono eccome, ma a differenza dell’Italia vale la regola: “nel Saloon quando si gioca d’azzardo tutti barano e tutti sanno che gli altri barano ma se ti scoprono a barare non esci vivo dalla città”. Ed è quello che è accaduto a Nixon, Clinton, i manager della Enron, Madoff, e così via.
Negli altri Paesi i criminali pagano, non importa quanto siano potenti o quanto siano influenti, ma prima di essere giudicati dalla giustizia ordinaria é l’opinione pubblica che spesso non perdona nel chiedere conto delle loro azioni. Raramente vediamo negli Stati Uniti o in Inghilterra degli ex furbetti tornare deputati o riottenere degli incarichi politici: l’opinione pubblica non dimentica.
Montanelli diceva che noi italiani saremmo stati vaccinati dal berlusconismo. In realtà invece di vaccinarci ci hanno lobotomizzato: ne abbiamo viste troppe e oramai siamo abituati a tutto, niente ci sorprende più: per questo negli altri paesi non ci capiscono. Occorre dimostrare al mondo e a noi stessi che anche in Italia ci sono cittadini capaci di negare il proprio consenso a coloro che infrangono la legge o si rivelino totalmente inadatti a governare.