Il Pdl senza Silvio, cosa farà da grande? - Diritto di critica
È ora di diventare grandi. Per il Pdl è il momento di uscire dalla casa del padre (padrone) e di trovare finalmente la propria dimensione politica di partito moderato e conservatore, senza doversi identificare come espressione parlamentare del berlusconismo. Ma la strada è dura e la presenza del “grande vecchio”, seppur ingombrante e scomoda, diviene l’unico collante in grado di tenere insieme un partito che ancora non sa cosa vuole fare da grande.
Alfano “prestanome”? Un passo in avanti è stato fatto con la nomina, rigorosamente dall’alto, di Angelino Alfano a segretario politico del partito. Almeno dal punto di vista teorico, la nomina del Guardasigilli rappresenta un punto di cesura con il passato: le decisioni più importanti passeranno tra le sue mani. Un prestanome agli ordini del Gran Capo? Sì e no. Alfano è un delfino di Berlusconi e nei suoi confronti il premier ha un certo ascendente. Dall’altra parte, però, lo stesso Guardasigilli sembra smarcarsi da quella politica che qualcuno definirebbe anti-sistema portata avanti dal Cavaliere negli ultimi 15 anni. Secondo la nuova narrazione del neo segretario, Berlusconi rimane “un perseguitato” dai giudici e dai poteri forti, “ma non tutti lo sono”. Lo ha dichiarato al momento dell’investitura la scorsa settimana. A queste parole Berlusconi ha risposto con uno sguardo perso, nemmeno un ghigno.
I mal di pancia di Scajola e Formigoni. L’ascesa rapida del Guardasigilli ha provocato non pochi mal di pancia all’interno del partito. Claudio Scajola, Gianni Alemanno e Roberto Formigoni sono sul piede di guerra. Non è piaciuta l’ennesima presa di posizione del Cavaliere sulla nomina di Alfano. Eletto ufficialmente per acclamazione, è stato imposto dal Grande Capo e nessuno ha osato disobbedire. Solo qualche polemica silenziosa che però nasconde un certo disagio. Per la premiership del 2013, l’unica strada, secondo il governatore della Lombardia, sono le primarie: “Le amministrative insegnano. Ci vuole una svolta immediata. Le primarie interne vanno fatte presto. Già a settembre. È l’ultima occasione per riagganciare la nostra gente. All’americana, con larghissima partecipazione popolare. C’è crisi della politica, la gente si allontana, bisogna riconquistarla”. Se Formigoni ci gira intorno, Scajola attacca a muso duro il premier e Alfano: “I sondaggi ci danno al 28%, siamo perdenti. Bisogna dar vita ad un partito pulito, coeso, senza nomine paracadutate dall’alto. È finita la stagione dei raccomandati e serve un partito vero, con una classe dirigente scelta dal popolo. Il sindaco di Roma, da parte sua, indebolito dalla situazione romana su sicurezza e scandali vari, si limita a chiedere al Pdl di ribellarsi dai ricatti della Lega.
Manca un programma politico di riforme. Ma al di là delle investiture dall’alto e delle primarie, il Pdl deve affrontare il suo problema più grande: la pianificazione politica. Questo governo naviga a vista e le riforme attendono. Anzi, non sono più rinviabili. La speculazione finanziaria che il nostro Paese sta subendo in questi giorni dovrebbe far riflettere tutti sulla stima che l’Italia ha a livello internazionale. La manovra di Tremonti è piuttosto discutibile perché non risolve, anzi accentua la disuguaglianza sociale, ma rimane una manovra in grado, si spera, di garantire al nostro Paese di non finire come la Grecia. Ma è una manovra che manca di una visione politica: che Italia vuole il Pdl? In Parlamento la Finanziaria subirà un vero e proprio attacco finalizzato a recuperare consenso. Ma niente di più. Non può essere il consenso l’obiettivo primario per chi governa in una situazione come questa. Vanno fatte alcune riforme oramai non rinviabili. E queste creeranno mal di pancia non indifferenti proprio tra gli strati sociali sui quali si fonda la base elettorale del premier. È ora di innalzare l’età pensionabile (soprattutto quella femminile), è ora delle liberalizzazioni che andranno a calpestare i piedi di notai, banchieri e avvocati. Il Pdl tutto questo non lo farà. Tenterà di tirare a campare, per poi morire con Berlusconi. Mentre l’Italia ha da passa’ ‘a nuttata.