Giappone: dopo il terremoto, la lunga attesa dei bambini orfani - Diritto di critica
“Pronto? Salve, vorremmo avere alcune informazioni sulle procedure per l’adozione dei bambini rimasti orfani dopo il terremoto dell’11 marzo. No grazie, non siamo interessati, il Giappone può occuparsi da solo dei propri figli”. All’indomani della tragedia che ha scosso il paese asiatico e, nell’immaginario, il mondo intero, le agenzie di adozione furono subissate di telefonate da parte di famiglie provenienti da ogni parte del globo. La risposta, in quel caso, fu orgogliosa da parte del governo, ma poco responsabile rispetto ai reali bisogni dei piccoli. A quattro mesi dal terremoto, i 200 bambini che hanno perso entrambi i genitori e i 1.200 a cui è morto il padre o la madre vivono con i loro parenti oppure sono in un orfanotrofio. Prima del terremoto i giapponesi, di solito, adottavano orfani di sesso maschile per continuare la linea di successione familiare. La ricchezza del paese, buoni servizi sociali e un calo demografico esteso facevano sì che il numero degli orfani fosse basso.
Ora, con la disoccupazione che sfiora il 90% in alcune zone del paese, un gran numero di famiglie sta portando i bambini in diversi istituti. Per le famiglie interessate all’adozione (in ascesa i cittadini statunitensi che ne fanno richiesta) non sono poche le difficoltà da superare. Uno dei problemi è che molti giapponesi considerano l’atto dell’adozione, una pratica vergognosa. I bambini, una volta cresciuti, dovrebbero prendersi cura degli anziani del loro paese, non andare all’estero. Nel 2009, secondo fonti governative, solo il 10% dei 37.600 minori, che vivono in istituti di previdenza, sono stati adottati. Gli istituti sono sovraffollati e gli abusi su minori sono segnalati, tuttora, in aumento.
Lunghe attese, severo controllo sui coniugi che chiedono di poter adottare un bambino e verifica delle condizioni economiche. L’iter burocratico per le adozioni, in Giappone, è molto lungo e rischia di allontanare le coppie che ne fanno richiesta. E’ necessaria la rinuncia, da parte dei genitori naturali, dei propri diritti in qualità di tutore. Ma anche una prescrizione legale sulla pretesa dei genitori adottivi. In caso contrario, il bambino non può essere adottato legalmente dalla nuova coppia. Qualora gli orfani non riescano a trovare una nuova famiglia, la situazione per loro si fa complicata, soprattutto ad un’età compresa tra i 15 e i 18 anni, quando sono costretti a lasciare gli istituti. La mancanza di un referente potrebbe creare non poche difficoltà, anche psicologiche, ai giovani che si apprestano a lavorare e ad inserirsi nella società.
Migliorare aspetti legati alla privacy dei bambini e avviare programmi di affido temporanei, consentirebbe di tamponare l’emorragia di adozioni nel Giappone. Praticamente assente la riservatezza nel ‘Koseki’, registro di famiglia giapponese. Sono elencate le informazioni sui matrimoni, i divorzi, i decessi, le nascite e le adozioni, su come è perché la famiglia ha richiesto un determinato un orfano. Con il programma governativo ‘Child Rearing Vision’, il Giappone conta di far aumentare la percentuale dei bambini con famiglie affidatarie dal 6% del 2000 al 16% nel 2014. Nella capitale Tokyo, il numero è raddoppiato da 215 nel 1998 a 445 nel 2010. Organizzazioni no profit e privati offrono qualche sussidio agli orfani: borse di studio, spese di consulenza a coloro che hanno perso entrambi i genitori o solamente uno. Oltre 1.100 le richieste di assistenza pervenute, che saranno soddisfatte anche grazie all’enorme flusso di donazioni (1,7 miliardi di yen, circa 21 milioni di dollari).
Il magnate delle telecomunicazioni Masayoshi Son, presidente e CEO di Softbank Corp., ha annunciato di aver donato 10 miliardi di yen (circa 125 milioni di dollari) per le operazioni di soccorso e per la ricostruzione in Giappone. Di questi 10 miliardi, 4 saranno destinati agli orfani: saranno offerte borse di studio per la formazione nel proprio paese o all’estero. Altre iniziative includono il ‘Candle Funde’, con l’obiettivo di fornire un supporto economico ed emotivo alle madri, ai figli ed agli orfani del terremoto.
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