L'umore dei leghisti, i fischi a Berlusconi - Diritto di critica
Scritto per noi da Gianluca Mercuri *
Misurare lo stato d’animo della base. Questo era uno degli obiettivi di Pontida. Tantissimi i militanti leghisti accorsi nella città del Giuramento aiutati da una bella giornata di sole. Persone provenienti da tutto il Nord e delegazioni, in buon numero, dall’Emilia e dal centro Italia. E ancora una volta il popolo si dimostra più diretto e meno diplomatico dei propri leader.
Sfilata di politici, applausi al sindaco di Varese. Prima dell’intervento del Senatur, la folla si è galvanizzata cantando il tradizionale inno “Va pensiero” e ha espresso il proprio stato d’animo ad ogni rappresentante delle istituzioni che si è alternato sul palco. L’applauso più sentito è andato, a sorpresa, al sindaco di Varese Attilio Fontana che ha letto il tradizionale giuramento. Poi il momento del discorso: per Bossi, Calderoli e Maroni molte le interruzioni con applausi, il richiamo alla secessione e i fischi sonori quando è stato fatto il nome di Silvio Berlusconi.
Gli umori della folla. “Noi padani siamo e saremo sempre uniti, parliamo con una voce sola ed è quella di Bossi, guai a chi ci tradisce” spiega il portavoce del gruppo padano dell’Isola Bergamasca. Alcuni esponenti dei giovani padani lecchesi sottolineano che “negli ultimi tempi ci sono stati troppi pasticci e poco coraggio. Serve un ritorno alle origini, torniamo a parlare di autonomia e legalità”. E sulla riforma fiscale sono piuttosto netti: “Cominciamo a dimezzare gli stipendi dei parlamentari e ad eliminare i privilegi. Sarebbe il primo passo”. Quella di Pontida non è una platea indottrinata. Lo si capisce subito di fronte a chi vuole esprimere il proprio dissenso. Non mancano i dissensi: “ siamo incazzati neri con il partito. A parole sono bravi tutti, vogliamo vedere più fatti”, spiega Franco Rota, militante brianzolo vestito da Alberto da Giussano. “Ma una cosa è sicura – riprendendo una metafora cara al suo leader – ce l’abbiamo ancora più duro di prima”.
Maroni for President. Da segnalare uno striscione gigantesco che campeggiava di fronte al palco, eloquente più di molte parole: Roberto Maroni Presidente del Consiglio. A simboleggiare l’insofferenza dei leghisti nei confronti del Cavaliere, fischiato sonoramente ogni volta che è stato evocato il suo nome e protagonista di numerosi cori non proprio gentili.
* Collaboratore de Il Giornale di Lecco