Ikea sotto attacco, 4 bombe in 10 giorni - Diritto di critica
La catena di mobili svedese nel mirino di ignoti attentatori: ordigni a basso potenziale esplodono in Germania, Francia, Olanda e Paesi Bassi. Due feriti nell’ultimo attacco, a Dresda. Si indaga sul terrorismo no-global, rievocando le bombe nei McDonald’s del 2000. E’ Ikea la nuova faccia della precarietà globale e dello strapotere delle multinazionali?
Sette di sera, ora di massima affluenza nel magazzino Ikea di Dresda: un’esplosione nel settore cucine ferisce due persone, lasciandone in stato di shock un centinaio. E’ il quarto attentato subito in pochi giorni dal colosso giallo-blu: il 30 maggio tre bombe hanno colpito, ad orari diversi, i magazzini Ikea a Gand (Belgio), Eindhoven (Olanda) e Lilla (Francia), per fortuna senza vittime.
Le piste degli inquirenti si confondono dietro la confusa dicitura “terrorismo no-global”, che riassume tutto e niente. In Francia, ad esempio, si accusano i separatisti bretoni, mentre in Belgio si parla di una pista greca. L’azienda cerca soprattutto di calmare le acque: “Non abbiamo ricevuto minacce, non sappiamo chi siano”, ha detto Charlotte Lindgren, portavoce dell’azienda svedese. Sottolineando che “non sono state ordinate nuove misure di sicurezza“.
Gli attentati ricordano le bombe scoppiate nei Mc Donald’s del biennio di fuoco 1999-2000. All’epoca era la catena di Fast Food più diffusa al mondo il simbolo della globalizzazione: prezzi bassi grazie a manodopera a salari stracciati, precariato, diffusione capillare, fortissimo impatto culturale. Il Big Mac era diventato il metro di paragone della ricchezza di un paese, su cui calcolare il valore della moneta locale. Ed attirava, con la sua facciata pulita e le storie di sfruttamento dei lavoratori, l’odio dei no-global.
Oggi il suo posto è stato preso da Ikea, anch’essa multinazionale a due facce: prezzi bassi e convenienti per i consumatori, salari stracciati e manodopera minorile in produzione. Nel nostro Paese, in particolare, il colosso giallo-blu è accusato di imporre agli aspiranti dipendenti un precariato selvaggio. L’assunzione avviene sempre su contratti part time con straordinario automatico e non pagato: il salario oscilla tra i 6 e i 7 euro l’ora (in Svezia sono 19 l’ora), senza maggiorazioni per i weekend. Poi ci sono gli stage di 3 mesi, retribuiti con 200 euro (lordi) di rimborso spese, in cui lo stagista fa le stesse cose (e gli stessi turni) del lavoratore dipendente, senza tutor e senza formazione, e soprattutto senza lo stipendio spettante. Situazioni note a tutti, compreso il Ministero del Lavoro, che preferisce rimanere fuori da “beghe contrattuali minime”.
L’odio no-global sta rialzando la testa, forse. Ma i motivi del risentimento verso Ikea sono tanti anche fra i dipendenti. Chi è vittima e chi carnefice?
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Vai Brunetta, vai.
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io ci lavoro,i salari sono minimi per colpa del sindacato italiano che non esiste nel settore commercio; gli straordinari sono “automatici” ma retribuiti così come i festivi; se poi vogliamo dirla tutta kamprad è un ex nazista ma l’ italia è un paese da operetta: chiunque arriva fà quello che vuole…………
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