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Diritto di critica | November 5, 2024

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Italia e diritti umani, la denuncia di Human Rights Watch: «credibilità dipende da politica interna» - Diritto di critica

Italia e diritti umani, la denuncia di Human Rights Watch: «credibilità dipende da politica interna»

«La credibilità dell’Italia presso il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite dipenderà dalle sue politiche domestiche. Il governo italiano deve realizzare fino in fondo le promesse fatte di rispetto dei diritti umani». A dirlo ieri è stata Judith Sunderland, ricercatrice senior per l’Europa occidentale dell’associazione Human Rights Watch, in relazione al ruolo dell’Italia quale nuovo membro del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite dal 2011 al 2014. Parole inequivocabili, che in una lettera al ministro degli esteri Franco Frattini mettono in chiaro ciò che ci si aspetta dal nostro Paese: una presa di coscienza sul fatto che far parte del Consiglio implica una politica più attenta, coerente e concreta per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani.

L’appunto di Human Rights Watch mette sotto accusa la risposta italiana a particolari realtà sociali che necessiterebbero una protezione e una più autorevole leadership nazionale sui diritti umani, ma che si ritrovano invece ad essere le vittime di una discriminazione sistematica: non solo stranieri, rom e sinti (già identificati da HRW come le etnie più vilipese nel nostro Paese), ma anche gay, lesbiche bisessuali e transessuali. L’associazione per i diritti umani ha chiesto inoltre all’Italia di ratificare il Protocollo opzionale alla Convenzione internazionale contro la tortura e di ripudiare le pratiche di espulsione che espongano al rischio di maltrattamento gli espulsi, oltre che di intensificare le operazioni di soccorso nel Mar Mediterraneo per i profughi di guerra e assicurare loro la possibilità di ottenere l’asilo nel nostro Paese.

Un appello che pare caduto nel vuoto, dal momento che proprio nella giornata di ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo decreto immigrazione per contrastare gli effetti umanitari della crisi libica: il decreto ha allungato infatti il tempo di permanenza nei Cie (centri di identificazione ed espulsione) da 6 a 18 mesi e stabilito l’espulsione forzata e immediata per gli immigrati clandestini e i comunitari che commettano dei reati. Disposizioni attaccate come inumane e inaccettabili da parte di tutte le voci dell’opposizione, dal Partito Democratico – che attraverso le parole di Anna Finocchiaro le definisce «pericoloso populismo demagogico» in vista del raduno di Pontida – all’Italia dei Valori, che ha indicato il provvedimento come contrario alla normativa europea.

Sul tema dell’immigrazione e dei controversi provvedimenti italiani per fronteggiare la crisi libica Human Rights Watch si era già scagliata contro l’Italia lo scorso aprile con il rapporto “L’intolleranza quotidiana: la violenza razzista e xenofoba in Italia”, nel quale si sottolineava il mancato intervento delle istituzioni del Belpaese nei casi di persecuzione a sfondo razziale, la tendenza a derubricare episodi simili a semplice cronaca e a generare falso allarmismo verso le altre etnie con affermazioni propagandistiche e irresponsabili. In quel caso, il riferimento era alle dichiarazioni del Governo a proposito dell’esodo di migranti dalle coste del Nord Africa, definito irresponsabilmente “un’invasione”.

«Per dimostrare il suo impegno per i diritti umani – si legge nel comunicato di Human Rights Watch di ieri – il Governo italiano deve rispettare a fondo gli impegni che ha assunto volontariamente in vista delle elezioni del Consiglio per i diritti umani, il 20 maggio scorso». Impegni che comprendono attività internazionali per la difesa della libertà di religione e di espressione, la lotta alla xenofobia, al razzismo, al terrorismo, alla violenza contro le donne e i bambini e alla pena di morte. «Particolare attenzione – conclude il comunicato – deve essere data ad affrontare la discriminazione, il miglioramento della situazione delle minoranze Rom e Sinti, e alla creazione da lungo tenpo attesa di un ente indipendente di controllo della situazione dei diritti umani nel Paese».