Dall'Onu l'allarme su Gaza, sconvolta da povertà e disoccupazione - Diritto di critica
Scritto per noi da Andrea Onori
La situazione della Striscia di Gaza preoccupa fortemente le istituzioni internazionali. Dallo strappo tra Hamas e Al Fatah nel 2007 e dal successivo embargo imposto da Israele, un rapporto sull’economia e sulle condizioni di vita nella striscia di Gaza, segnala l’aggravarsi della condizione socio/economica del territorio.
L’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, svela che nella seconda metà del 2010 a Gaza è stato rilevato un tasso di disoccupazione del 45,2 per cento, ”uno dei più alti al mondo”. Le tendenze preoccupanti accrescono di anno in anno. Chris Gunness, la portavoce dell’Unrwa ha dichiarato che “i profughi, che rappresentano due terzi del milione e mezzo di abitanti, sono stati i più colpiti in questo periodo”. Per la portavoce è difficile comprendere la logica di una politica “elaborata a tavolino che impoverisce deliberatamente così tanti e che condanna ad una vita di miseria centinaia di migliaia di persone potenzialmente produttive”.
La ricerca segnala che dal 2007, il governo di Hamas è riuscito ad accrescere l’impiego pubblico del 20 per cento. In forte diminuzione invece è il settore privato, in calo circa dell’8 per cento. Questo comunica ad Israele che se il suo obiettivo era di indebolire l’amministrazione di Hamas, è fallito.”Sicuramente – dice Chris Gunness – ha avuto successo nel punire i più poveri”.
L’Unrwa nella Striscia di Gaza si occupa di ben otto campi profughi dal 1948. Uno dei più popolosi è quello di Jabaliyya (poco distante da Gaza City), che con 103.646 rifugiati cerca di sopravvivere di giorno in giorno a tante problematiche. Il campo è stato duramente colpito dal blocco, che ha portato un tasso di disoccupazione estremamente alto. I residenti inoltre, hanno accesso ad acqua potabile appena sufficiente e la fornitura di energia elettrica. Così è anche il campo profughi di Beach Camp (78.800 rifugiati), quello di Khanh Yunis (68.324 rifugiati) e tutti gli altri che soffrono di grossi problemi con il mantenimento di infrastrutture e di alloggi sufficienti per la popolazione di grandi dimensioni. Nessuna costruzione o ricostruzione può avvenire a causa del divieto di importazione di materiali da costruzione.
Nonostante l’abbandono e la vita che cerca di cercare la normalità, i giovani di Gaza chiedono qualcosa di nuovo lanciando continui appelli alla comunità internazionale che sorda, non riceve.
”Vogliamo essere liberi, vogliamo vivere, vogliamo la pace” scrivono nel manifesto i giovani del GYBO (Gaza Youth Breaks Out). Con la voglia di pretendere un futuro e di scrollarsi di dosso dell’eterna situazione di Gaza, i ragazzi, ribadiscono che “siamo stufi di Israele, di Hamas, dell’occupazione, delle violazioni dei diritti umani e dell’indifferenza della comunità internazionale”. Chiedono altro. Non vogliono rimanere imbrigliati in questa guerra politica.