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Diritto di critica | November 22, 2024

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La vittoria di Giuliano Pisapia vista dalla piazza - Diritto di critica

La vittoria di Giuliano Pisapia vista dalla piazza

Scritto per noi da Virginia Invernizzi

Una piazza senza nemici

Lunedì piazza Duomo era gremita di gente comune che voleva parlare della città e di come cambiarla: piazza unita “per” e non “contro”, piazza senza nemici. Piazza festante, come d’altronde quelle precedenti, quando ci si era voluti riunire per far vedere la gioia del cambiamento possibile e l’inizio di una visione comune per Milano. Si era cominciato in piazza Duca D’Aosta con il primo grande concerto pro Pisapia: ragazzi riuniti per ascoltare della buona musica e messaggi d’impegno. E sorprendeva vedere una piazza gremita da giovani salutare con gioia don Gallo, prete partigiano, che invocava la partenza dalla limitrofa stazione centrale del treno dei diritti e richiamava i ventenni in piazza al testo più antico della nostra repubblica: la Costituzione. Si era visto così che i contenuti non sono noiosi, ma aprono la mente a nuovi orizzonti, suscitano idee e allegria.

Una campagna di pensieri, parole e risate

Nel concerto prima del voto, Vecchioni aveva evocato la fine della notte perché riempita da noi con pensieri e parole. E di pensieri e parole è stata colmata questa campagna elettorale, iniziata con primarie vere e per questo sorprendenti. Mentre una parte ha cercato lo scontro su vecchie storie e vecchie paure, l’altra ha parlato della città che voleva, per far vedere una politica diversa fatta dal contributo di tutti, ciascuno secondo le sue possibilità. Ciascuno ha sentito che il suo contributo, per quanto piccolo, era determinante e aveva il potere di cambiare la città. Si è saputo ribaltare l’odio, si è riso delle accuse della Moratti a Pisapia sulla pagina “è tutta colpa di Pisapia”. Ci si è resi conto di quanto sia grottesco l’attacco all’avversario non sul programma ma sulla storia personale, per di più falsata. Ci si è resi conto del potere immenso della fantasia e si è visto che spendere milioni per fare campagna elettorale non serve a niente se non si hanno idee perché quel che conta sono le persone.

Alla moschea più grande d’Europa ed a Zingaropoli crede solo Bossi.

Si è provato a far paura dicendo che il problema è chi è diverso. Ma non ha funzionato. Il centrosinistra ha spiegato chiaramente che il problema non sono i rom e gli islamici, ma la gestione della loro integrazione in uno stato di perenne emergenza e la gente ha condiviso questa visione. E poi ha pagato il contatto con la realtà, fornito dall’informazione web che ha rotto la bolla di molti che percepivano ogni evento solo attraverso la tv. I milanesi conoscono Torino, città di sinistra da tempo, e sanno che non è invasa da rom ed islamici: perché avrebbe dovuto succedere a Milano? Si è riso estremizzando. Si sono fatte vignette del tipo: ”il prossimo sindaco di Milano?“ “Zingaro!” . Lunedì si  è festeggiata la vittoria di chi ha voluto unire contro coloro che hanno voluto dividere.

Buongiorno, Milano!

La gente ha premiato una politica partecipativa e di squadra: il primo esempio l’ha dato Boeri, che dopo la sconfitta alle primarie si è messo al servizio del progetto di Pisapia spendendosi senza riserve e dimostrando competenza e lealtà. Anche le liste hanno incluso persone con culture di riferimento diverse che lavorano per la città e vogliono contribuire a migliorarla, dalla presidente di Casa della Carità Maria Grazia Guidi a Patrizia Quartieri (già consigliera comunale che sotto la giunta Moratti si è spesa senza riserve per i rom). Ognuno si è messo in gioco e lunedì ciascuno ha festeggiato, nella vittoria di tutti, la propria vittoria.

Ora che si è visto quant’è bello impegnarsi per il bene comune, ciascuno deve continuare a sentirsi responsabile della sua porzione di città, del benessere delle persone che ci vivono, dello stato delle sue infrastrutture, e a sentire la propria responsabilità come determinante per preservarla e migliorarla. Solo così, incontrando un amico, un conoscente, un nuovo italiano che si affaccia al tessuto sociale del nostro paese, un rom, una persona disabile riusciremo a dire un “Buongiorno, che voglia dire veramente buongiorno”.

 

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