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Perchè sarebbe un rischio, uno spettro da evitare, quello della spagna?
In Catalogna come nei paesi baschi la maggior parte della gente conosce perfettamente
la propria lingua madre (quella regionale) e la lingua impostadallo stato, e sicuramente
questo non nuoce all’apprendimento dell’inglese (cosa in cui l’italiano medio non eccelle di
sicuro.) State pur tranquilli che l’italiano non verrà danneggiato dalle lingue regionali come le
stesse sono state danneggiate dall’imposizione dell’italiano e da un sistema scolastico che si
è sempre preso gioco delle lingue, culture e storie diverse esistenti prima dell’unità d’Italia.
Non sentirete mai dire ad un sardo “senti quello che parla l’italiano, quanto è ignorante”.
Io sono orgoglioso di parlare il sardo, fra le altre 5 lingue che ho imparato e quello che
imparerò, e quando posso, preferisco di gran lunga parlare in sardo piuttosto che nella lingua
che è stata imposta nella mia NAZIONE 150 anni fa. -
E per quanto riguarda Camilleri, vorrei dire che lo rispetto molto, ma in materia si dimostra
parecchio ignorante. I “dialetti non esistono grazie alla lingua madre, i “dialetti” esistevano da
prima e si chiamavano LINGUE. Il napoletano era studiato dai commercianti europei, ed il sardo
è la lingua, per citare un esempio, della “carta de logu”, una delle prime e più moderne costituzione
d’Europa, in vigore nel regno di Arborea dal quattordicesimo secolo fino al 1827 e documento
di grande importanza per il diritto europeo. -
W le lingue locali, dal Veneto vi faccio in bocca al lupo perche l’insegnamento del siciliano diventi reale.
Aspetto che in breve tempo anche veneti, sardi, ecc possano stdiare a scuola la loro lingua madre.
Buona fortuna! -
Paolo l’è “Giornalista professionista, mi occupo di società, esteri, salute e turismo”, ma de lingüística no ‘l sa gnente! El sicilian, come el napoletan, piemontese, lígure, lombardo occidental (=ínsubre) e oriental (=oròbic), romagnòl e emilian, I È de le LENGUE! e sto no l’è política, l’è un FATO SCIENTÍFICO!
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Le conunico che questi “dialetti”, come vengono disprezzati e mortificati in Italia, sono lingue vere e proprie. Sono state scientificamente classificate in Italia ma anche in giro per tutto il mondo e molte sono state dichiarate “in pericolo di estinzione” dall’Unesco. L’Italia è stata esortata a mettere in atto una politica di conservazione delle lingue locali e la Sicilia sta facendo qualcosa per la salvaguardia della propria. Quindi bisognerebbe dare gran merito alla Sicilia e anzi spero che tutte le altre regioni facciano altrettanto.
Poi, l’equazione che lingua locale equivalga a spinte centrifughe (voleva dire separatiste?) proprio non regge. Al contrario, uno Stato che opprime e nega le identità locali è uno Stato nemico del popolo. E questo provoca più spinte “centrifughe”. Se invece ogni Regione avesse piena dignità linguistica e culturale sarebbe uno stato più amico e vicino al popolo. La cosa triste è che, invece di vedere un’opportunità per la conservazione delle nostre lingue e tradizioni, inestimabile ricchezza di ogni regione, Lei bolla tutto questo come “pericoloso precedente”… spero che si renda presto conto di cosa sta succedendo realmente.
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Il fatto è che tali politiche in mano a MPA e Lega sono solamente cazzate propagandistiche. Innanzitutto le lingue locali vanno prima standardizzate dal punto di vista lessicale ed ortografico. Il napoletano ad esempio ancora non conosce un’ortografia coerente e completa (anche il grande Eduardo commetteva errori). Questo comporta studi, ricerche, e quindi fondi da spendere. Poi vanno formati gli insegnanti, che, pur essendo madrelingua, non sanno nemmeno scrivere correttamente in “dialetto”. Inoltre vanno preparati testi letterari su cui studiare, per quelle lingue che hanno una povera produzione scritta.
Ed infine vanno tutelati gli studenti “stranieri”. Un napoletano che si trasferisce a Torino sarebbe in difficoltà rispetto ad uno studente locale, quindi i corsi di “dialetto” non dovrebbero comportare voti. Dovrebbero essere corsi extra, magari pomeridiani, ma per fare ciò servono fondi per pagare i docenti.
Quindi improvvisare una cosa così importante mi sembra una trovata offensiva per l’importanza che le lingue locali dovrebbero avere nella nostra cultura. -
Lei si chiede se “Le conseguenze possono essere serie: vedremo un giorno parlamentari utilizzare il proprio dialetto durante le sedute, pur conoscendo perfettamente la lingua nazionale, come avviene oggi in Spagna?” omettendo un fatto importante: catalani, baschi, e galiziani conoscono bene sia la lingua di Stato che la loro lingua regionale, e (al contrario degli italiani) sono alfabetizzati in entrambe. In Italia invece si conoscono poco le lingue del territorio e male l’italiano. I vantaggi del bilinguismo, per chi vuole capirli, sono chiarissimi.
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Vorrei rispondere a Art.
Innanzitutto, bisogna dare atto che MPA e Lega almeno idealmente si sforzano di conformare l’Italia alla situazione di altri paesi civili che hanno adottato da anni il bilinguismo, e con discreto successo. Purtroppo però leggi del genere non passano se non sono bipartisan, ed è ovvio: la lingua regionale è la lingua del territorio, non del partito.
Il lavoro di standardizzazione di certe lingue regionali è già stato fatto con successo e anche in zone dove la standardizzazione è ben lungi dall’arrivare le divergenze consistono spesso solo in dettagli. Si tratta solo di estendere la norma a tutti, e questo si fa con una legge.
La formazione degli insegnanti non credo sia un problema mostruoso. Già ora si fanno corsi di “dialetto” un po’ ovunque. Gli insegnanti per insegnare a insegnare ci sono già: invece di fare volontariato saranno stipendiati e invece di insegnare presso circoli e associazioni insegneranno nelle università fin quando non arriveranno laureati siculofoni con una formazione umanistica a tutto tondo.
Per gli studenti stranieri, nessun problema: sembra strano, ma gli esperimenti fatti nelle scuole del Nord indicano che sono i più interessati all’apprendimento.
In conclusione, secondo me lo sdoganamento del siciliano aprirà nuovi orizzonti e nuove possibilità di lavoro. Certo, non va improvvisato, ma se non si fanno i primi passi non si va da nessuna parte.
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