Rischio povertà più alto al Nord Italia - Diritto di critica
Ricchi eppure poveri: il dato che sfata il mito tradizionale del Nord Italia prospero e del Sud scalcinato è quello che proviene dalla ricerca del Centro Studi Sintesi di Venezia sul rischio di povertà a livello territoriale, che colloca molte città del Nord tra quelle con il più alto tasso di persone “povere” nel nostro Paese.
Un esempio emblematico della situazione è quello costituito da Bergamo: sebbene il reddito medio annuo per contribuente nella città orobica sia tra i più alti d’Italia (31.405 euro), risulta infatti particolarmente alta anche la percentuale di bergamaschi che hanno dichiarato un reddito inferiore alla soglia di povertà (che in Italia è pari a 9.893 euro annui): il 17%, che corrisponde all’incirca a 12.000 contribuenti, colpiti dalla cosiddetta “povertà relativa”, quella delle famiglie che “non arrivano alla fine del mese”, per cui la quarta settimana è critica perché lo stipendio non basta a coprire tutte le spese.
La ricerca del Centro Studi Sintesi è stata effettuata rielaborando dati Istat e Mef-Dipartimento delle finanze relativi all’anno 2008: anche considerando le variabili dei differenti livelli di spesa per consumi delle singole famiglie, delle differenti dimensioni familiari e del numero medio di percettori di reddito per ciascuna famiglia, ciò che risulta è un dato che effettivamente rovescia lo stereotipo del Nord ricco e agiato. «Tra le venti città con gli indici di povertà locale più elevati – ha spiegato Catia Venturi, direttrice del Centro Studi Sintesi, in un articolo di Marco Conti pubblicato su L’Eco di Bergamo del 20 maggio – 15 appartengono alle regioni del Centro-Nord». Secondo la Venturi questo fenomeno sarebbe la diretta conseguenza del maggiore costo della vita nei comuni del Nord, che «erode il reddito delle persone fisiche». Insomma, avere un buon reddito non mette automaticamente al riparo dal rischio povertà, perché tale reddito va misurato in base al costo della vita nella città in cui si vive e lavora: il che spiegherebbe come mai Bergamo, ad esempio, pur evidenziando un ottimo reddito medio annuo, risulti al tempo stesso tra le città più “povere” del Paese.
Nella ricerca è stato evidenziato dunque come in linea di massima le città del Mezzogiorno presentino invece percentuali più basse di contribuenti al di sotto della soglia di povertà: in testa a questa mesta classifica ci sarebbero Barletta, Villacidro, Rimini, Massa e Brescia, che a sua volta sarebbe la prima quanto a povertà in Lombardia, seguita da Como, Milano e Bergamo.
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non amo gli articoli che tendono a trattare dei problemi italiani come di due problemi distinti, quelli del nord e quelli del sud.
il problema della povertà riguarda l’italia intera, non mi interessa se ci sono più poveri a Bolzano o a Ragusa. Personalmente trovo quindi le ricerche effettuate dal Centro Studi Sintesi di Venezia al quanto inutili e forvianti.
Le città sopraelencate non sono affatto le più povere, sono solo le città in cui lo stipendio vale meno a causa del costo della vita elevato, ciò non le rende più povere, perchè i lavoratori sono di più, e in proporzione hanno una percentuale più alta di contribuenti a rischio. si è fatto un calcolo sulla povertà basandosi sui redditi dichiarati, ignorando i disoccupati, i lavoratori in nero e i veri poveri.
Personalmente non credo affatto che a Bergamo il tasso di povertà sia maggiore rispetto alla sicilia o al sud in generale, e se anche così fosse non credo che cambi molto, è un problema nazionale non comunale.
Concludo specificando che non ho nulla contro l’autrice dell’articolo ne contro il centro studi sintesi di venezia.
ma in fondo sto scrivendo su un sito che si chiama “diritto di critica” immagino che qualche critica ve la possiate aspettare..
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