In Libia l’Italia non è né carne né pesce. Vivacchia. Dichiara guerra al rais ma si affretta a rettificare che ci dispiace per le bombe. Partecipa alle missioni ma non combatte. Riconosce i ribelli ma assicura che se Gheddafi sarà in difficoltà “verrà aiutato”. Insomma: né di qua né di là.
Ad oggi in Libia non vince e non perde nessuno. Dopo l’iniziale operazione Odissey Dawn, portata avanti con il sostegno e il supporto degli Stati Uniti, adesso la Nato si ritrova senza aerei e con scarsa disponibilità di quelle bombe “intelligenti” che permetterebbero di preservare – nei limiti del possibile – la vita dei civili. Viene da chiedersi che tipo di guerra si aspettasse di combattere l’Alleanza Atlantica. Già, perché se ci si è illusi che un rais come Gheddafi avrebbe lasciato lo scranno al primo bombardamento, l’errore è stato quanto mai grossolano. In Cirenaica e in Tripolitania si combatte da mesi ma non c’è un vincitore: le truppe lealiste non vincono ma nemmeno perdono. E i ribelli conquistano e perdono le città a giorni alterni, dipende dai bombardamenti degli alleati. L’intervento di terra, caldeggiato dalla Francia, sembra essere irrinunciabile per uscire da questo stallo ma non è previsto dalla risoluzione Onu 1973 (una nuova votazione del Consiglio di Sicurezza è impensabile). Il pericolo che incombe su tutto è quello di una nuova Somalia: invece di salvarla, l’Occidente l’ha “sotterrata”, come ha scritto qualche giorno fa Vittorio Feltri su Libero. “Non lo diciamo – prosegue Feltri – ma la storia, dal Vietnam all’Afghanistan eccetera, è una catena di disastri“.
A dare la tara del fallimento italiano e dell’occasione perduta da parte del nostro Governo – paradossalmente – è proprio Vittorio Feltri che sottolinea come: “La palma dei più fessi tocca all’Italia“. Perché si chiede il direttore editoriale di Libero, Berlusconi e Frattini non hanno detto “noi entriamo nella coalizione e offriamo le nostre basi solo se vi addosserete parte dell’onoere di accoglienza degli immigrati”? Pena la neutralità del nostro Paese. Nulla di tutto questo è stato chiesto, anzi, siamo stati spinti ad una guerra di cui stiamo subendo – da soli – le uniche conseguenze, mentre potenze come la Francia o la Turchia alle nostre spalle si costruiscono un nuovo ruolo regionale.
E mentre la situazione in Libia è di completo stallo, l’Europa ribatte che Sarkozy ha ragione quando blocca le frontiere: i migranti li gestisca l’Italia. Da sola. Un controsenso: stiamo nella coalizione ma solo quando bisogna bombardare. Ci si chiede di combattere ma non si ridividono le “conseguenze” di questa azione. A pesare – indubbiamente – l’incapacità delle nostre istituzioni nel condizionare la situazione a nostro favore: nello scenario libico, geograficamente l’Italia è un attore di primo piano, avremmo potuto e dovuto chiedere e pretendere qualcosa di più. Molto di più.
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