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Diritto di critica | November 21, 2024

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L'editoriale - Arrigoni, non chiamatelo pacifista - Diritto di critica

Per favore, non chiamatelo pacifista. Vittorio “Vik” Arrigoni, il cui rapimento e la morte improvvisa e violenta hanno scioccato il Paese era un attivista, non un pacifista. Ammetterlo non significa sminuirne l’impegno, il coraggio, l’onestà. Il pacifismo, infatti, non fa distinzioni, non odia una parte a favore di un’altra. Il pacifismo – ammetterete – è un’altra cosa.

Vittorio, invece, era un attivista pro-Palestina, uno che ad Israele (come a Saviano) non le mandava certo a dire, anzi, odiava a tal punto lo Stato ebraico da invitare quanti avessero in casa dei cani a “sguinzagliare le bestie eroiche contro i coloni” o chiedere di spedirgli urgentemente della “kriptonite antisionista“, oppure, ancora, sottolineava come “disgustoso è sinonimo di sionista“. Sul suo blog, Arrigoni scriveva di non aver mai letto autori favorevoli al dialogo con i palestinesi, come Amos Oz e Abraham Yehoshua, definendo le loro pagine “sporche di sangue”. Per non parlare della nota che scrisse su Facebook condividendo il messaggio “Vietato l’ingresso a cani e israeliani”: “Sarò eccessivo – scriveva Vik – ma se i palestinesi non possono uscire, perchè agli israeliani deve essere concesso entrare???”.

Adesso la madre di Vik chiede che il corpo del figlio non transiti neppure per pochi minuti dall’aeroporto di Israele. Una volontà che cozza contro qualsiasi reale intenzione – anche simbolica – di pacifismo e dialogo tra le parti. Per certi aspetti un’occasione mancata. Qui non si vuole affermare la ragione o il torto tra i due Stati ma semplicemente evidenziare una distorsione tutta mediatica. Per rispetto a Vittorio e ai suoi ideali, dunque, per favore, non chiamatelo pacifista.

Comments

  1. Vale

    Scusate, al di là del fatto che sia tutto vero o no… non capisco nè il senso nè lo scopo di questo articolo…