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Diritto di critica | November 24, 2024

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Berlusconi "tifato" a Milano: amore spontaneo ma "basta che paghino" - Diritto di critica

Berlusconi “tifato” a Milano: amore spontaneo ma “basta che paghino”

Nei giorni in cui il presidente del Consiglio si presenta di fronte ai pm per il cosiddetto “processo Mediatrade“, è logico aspettarsi la presenza di molte persone nello slargo antistante il Tribunale di Milano, dedicato alla memoria di Marco Biagi. Tra curiosi e giornalisti, a rimanere fissi con striscioni, bandiere e gazebo sono i supporter del premier, pronti ad attaccare una “magistratura politicizzata”, e gli ovvi oppositori, divisi tra militanti iscritti a partiti e “popoli viola” vari.

Nuove frange di ultras. Non negli stadi, ma nel bel mezzo di una strada centrale del capoluogo lombardo. Una massa di gente che, oltre a provocare i più classici “disagi alla circolazione”, disturba la vita degli inquirenti e delle parti in causa. Il “regolare svolgimento del processo”, sancito anche dall’art. 45 del Codice di Procedura Penale, infatti, è messo a dura prova dalle urla dei contestatori, così come dai megafoni e i canti dei fan del celebre inquisito. Un potenziale danno, persino dal punto di vista dell’economia processuale tanto discussa nelle ultime ore.

Sebbene il Capo del Governo abbia sovente affermato che ad attaccarlo in quasi tutti gli eventi a cui presenzia, da Milano a Lampedusa, sia «una squadra composta sempre dalle stesse persone», non è da escludere che vi siano veri e propri “nuclei organizzati” che facciano da presidio anche in suo favore.

Nella versione on-line de “L’Espresso”, testata notoriamente non vicina alle posizioni del Primo Ministro, è stata pubblicata la testimonianza di uno studente di Sociologia dell’Università “Bicocca”. Il 24enne, che si dichiara “finiano” prima che l’attuale Presidente della Camera entrasse nel PdL (ma precisando di non aver mai avuto tessere di partito), ha analizzato e raccontato dal suo punto di vista il comportamento dei sostenitori del Cavaliere davanti al Palazzo di Giustizia. Alle 9 arriva il materiale necessario al sit-in, trasportato da due furgoncini. Subito dopo i vari fan («gran parte over 55», “di istruzione in generale medio-bassa” e – sempre secondo il resoconto del ragazzo – composti in particolare da “pensionati e disoccupati”) si radunano sistematicamente fino alle 13 ogni giorno, week-end esclusi.

Prendendo per buone le domande poste e le conseguenti risposte, emergono i classici luoghi comuni. Ad esempio, per gli astanti, Prodi era – in soldoni – a capo dei “comunisti che hanno alzato le tasse”, risultando persino colpevole dell’introduzione dell’Euro (sic). Al contempo, però, pochi dei presenti sapevano da cosa fosse scaturito il processo in cui il loro “idolo” è impegnato. In conclusione: costoro non erano a conoscenza del “perché” fossero lì.

L’enigma viene risolto poco dopo: uno del gruppo ne avrebbe invitati altri per la settimana successiva «ai punti della campagna elettorale di Letizia Moratti». La risposta alla chiamata, leggendo il dossier, non sarebbe tardata: «Quello che vuoi, basta che paghino». Anche questa è democrazia.

[photo credits|ADN-Kronos]

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