"Questa non è una riforma della giustizia" - Diritto di critica
Un complotto mediatico-giudiziario. Così viene definito il processo a Silvio Berlusconi sul caso Ruby. Il premier esce dal Tribunale di Milano ed inscena un comizio attaccando i giudici, mentre molti esponenti del Pdl compaiono nei tg, ad Anno Zero o a Ballarò per accusare “certa magistratura politicizzata” di voler far cadere il governo. Uno scontro tra poteri dello Stato che si fa giorno dopo giorno sempre più duro. Intanto, ieri, in serata, la Camera ha approvato l’articolo sulla prescrizione breve.
“A me non piace la parola ‘scontro’. La Magistratura non fa politica, ma deve accertare solo se una persona è responsabile di una contestazione”, ha dichiarato, Luca Panamara, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, intervenuto, un’ora dopo il voto alla Camera al convegno “Giornalismo d’inchiesta o complotto mediatico-giudiziario?” all’interno del Festival del Giornalismo di Perugia dove il pubblico lo ha accolto con un fragoroso applauso. “Se la prescrizione breve venisse approvata in un paese dove la macchina giudicante funziona bene, sarei d’accordo, ma non è il caso dell’Italia. La prescrizione è il tempo entro il quale lo Stato deve accertare un reato. Fino al 2005 il tempo massimo era di 15 anni. Poi, con la legge ex Cirielli si è passati a 7 anni e mezzo. Oggi per la seconda volta in pochi anni si decide di ridurre ulteriormente questo tempo, in questo caso di altri 6 mesi”. Secondo Palamara, la norma non va affatto incontro all’interesse dei cittadini: “Una prescrizione breve significa non sapere se un imputato è colpevole o innocente, ma soprattutto non si dà giustizia alla vittima”. Mentre per il presidente dell’Anm, “le riforme per far funzionare meglio il processo non ci sono state”, nonostante che “la commissione del Consiglio d’Europa chiedeva all’Italia di rendere ‘congruo’ il tempo per l’accertamento del reato. Invece si è andati nella direzione opposta”.
Per quanto riguarda il rapporto tra giornali e Magistratura, Panamara è convinto che “il processo penale e l’informazione debbano muoversi su due canali paralleli. Non si può pensare di imbavagliare la stampa perché è una garanzia per lo stesso magistrato”. Ma il presidente dell’Anm è convinto, allo stesso tempo, che debba esserci “un discrimine chiaro tra atti pubblici e atti coperti da segreto. “Non bisogna diffondere quello che è irrilevante ai fini dell’indagine”.
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