Nucleare: lo spettro di Chernobyl su Fukushima. Gli esperti: "radiazioni 10 volte inferiori" - Diritto di critica
Fukushima come Chernobyl. L’allarme ufficiale è arrivato dal Giappone, dove il Governo e la Tepco – la società che gestisce la centrale nucleare danneggiata dopo il terremoto e lo tsunami dell’11 marzo scorso – hanno innalzato l’incidente nucleare dal livello 5 al livello 7, il massimo raggiungibile sulla scala internazionale Ines (International Nuclear and Radiological Event Scale). Esattamente come era successo dopo l’esplosione alla centrale ucraina di Chernobyl, il più grave incidente nucleare mai verificatosi finora.
E se la stima sulla gravità delle fuoriuscite radioattive dalla centrale giapponese era già stata rilevata dagli esperti e dalla stampa nipponica, solo ora è stata resa ufficiale anche dal Governo e dalla società: una decisione giustificata dai controlli incrociati e dalle verifiche effettuati tra i dati sulle perdite di iodio-131 e cesio-137 raccolti dall’agenzia nipponica per la sicurezza nucleare (Nisa) e dalla commissione per la Sicurezza Nucleare. La stessa Tepco ha tuttavia ammesso che le operazioni per calcolare l’effettiva quantità di materiale radioattivo fuoriuscito dalla centrale di Fukushima sarebbero ancora in corso. La perdita radioattiva, infatti, secondo le parole di uno dei funzionari della società, non si sarebbe ancora arrestata completamente e c’è il timore che essa possa superare quella avvenuta a Chernobyl, sebbene il livello di fuoriuscite registrato dopo l’incidente alla centrale giapponese equivalga per ora solo al 10% di quello misurato nel 1986 a seguito della catastrofe in Ucraina. La decisione di innalzare il livello a 7, afferma Ken Morita della Nuclear and Industrial Safety Agency, “è stata presa perché ad un certo punto dopo l’incidente dell’11 marzo si è rilasciata una quantità di iodio 131 pari a 10mila terabecquerel per diverse ore e la definizione per un incidente di livello 7 è proprio il rilascio di decine di migliaia di terabequerel”. Ma la radioattività registrata nella centrale ucraina sarebbe di ben altra gravità rispetto a quanto registrato a Fukushima.
Secondo quanto dichiarato dalla Nisa, insomma, la decisione di innalzare al massimo possibile il livello di gravità dell’incidente è giustificata dall’importo di particelle radioattive rilasciate dall’inizio della crisi, che hanno avuto importanti ripercussioni sull’acqua del rubinetto, sull’oceano, sull’atmosfera e sui cibi e che alla fine potrebbero essere complessivamente superiori a quelle registrate nel caso ucraino. La situazione a Fukushima sarebbe tuttavia molto diversa da quanto avvenne nel 1986 a Chernobyl in quanto nel caso giapponese non si sarebbe verificata alcuna esplosione nei noccioli dei reattori.
A preoccupare ulteriormente per la situazione presso l’impianto di Fukushima Daiichi sarebbero state le nuove scosse di magnitudo 6,3 registrate nel pomeriggio di martedì (circa le 7 del mattino in Italia) con epicentro proprio nella prefettura di Fukushima: le nuove scosse hanno spinto la Tepco ad evacuare dall’impianto i lavoratori, impegnati tra l’altro a domare un nuovo incendio sviluppatosi nella centrale e che non dovrebbe aver provocato variazioni nel livello di radiazioni in uscita. Le ultime scosse tuttavia paiono non aver danneggiato ulteriormente l’impianto.