Benzina, “pistole d’oro”: il prezzo dei carburanti è il più alto di sempre - Diritto di critica
Quella dell’automobile è la terza voce di spesa per le famiglie italiane, dopo la casa e l’alimentazione. Secondo l’Annuario statistico dell’ACI, nel 2009, sono stati pagati (per l’acquisto e l’utilizzo dell’auto) circa 165 miliardi di euro; a ragion veduta, il dato più influente scaturisce dai prezzi eccessivi dei carburanti. Queste informazioni acquistano valore se si tiene in considerazione quanto affermato dalla Banca d’Italia solo un anno prima: il reddito familiare medio, al netto delle imposte sul ricavo e dei contributi sociali, è risultato di 2.679 euro al mese. Il 20 per cento delle famiglie ha, però, un guadagno mensile inferiore a circa 1.281 euro, il 10 per cento superiore a 4.860 euro. La quota di individui con introiti al di sotto della soglia di povertà risulta pari al 13,4 per cento.
Capirete come, in un contesto del genere, l’esborso mensile per l’uso del proprio veicolo (quasi 300 euro) costituisce una cifra considerevole per i cittadini (dato che la spesa media per il carburante accresce, di pari passo, con il costo del carburante stesso). I maxi aumenti degli ultimi giorni – la benzina ha sfiorato quota 1.60 euro al litro ed il gasolio ha superato ampiamente l’1.40 -, come riferisce il Quotidiano Energia, sono frutto delle tensioni sulle quotazioni dei prodotti petroliferi in Mediterraneo.
A tal proposito, il Presidente dell’Unione petrolifera, Pasquale de Vita, in un’intervista a Mattino 5 ha dichiarato che “[..] quello che sta accadendo in Libia non è indifferente per il mercato, ma non perché può creare problemi di approvvigionamento, che non ci sono, ma perché sul mercato delle materie prime in generale, vige la norma che quando succede qualcosa di preoccupante in una parte del mondo, i primi a risentirne sono i prezzi. Quindi non è un aumento dei prezzi dovuto al fatto che c’è una domanda molto forte e un’offerta debole. Le circostanze creano un ulteriore intervento di tutti gli operatori finanziari e fondi sovrani che operano sul mercato delle materie prime che è l’occasione buona per aumentare i prezzi”.
Non è tutto. Ad oggi, le imposte sulla benzina (ordinate dallo Stato) costituiscono un rilevante 55,95% del prezzo alla pompa, mentre il rimanente 44,05% è formato dal costo del prodotto e dai margini di profitto (prezzo industriale). Stando al quadro tracciato dal Ministero dello Sviluppo Economico, queste tasse sono costituite dall’IVA (al 20%), pari a 0,24 euro circa al litro, e dalle accise, pari a 0,56 euro circa, per una somma totale di 0,80 euro. Quest’ultimo gravame (è proprio il caso di dirlo), l’accisa, fu istituito nel corso degli anni allo scopo di finanziare diverse emergenze. Alcune di esse, però, risultano talmente anacronistiche (la meno recente prevede tuttora il finanziamento della guerra di Etiopia del 1935) da suscitare non poche polemiche al riguardo.
L’elenco completo comprende i seguenti tributi:
- 1,90 lire per il finanziamento della guerra di Etiopia del 1935;
- 14 lire per il finanziamento della crisi di Suez del 1956;
- 10 lire per il finanziamento del disastro del Vajont del 1963;
- 10 lire per il finanziamento dell’alluvione di Firenze del 1966;
- 10 lire per il finanziamento del terremoto del Belice del 1968;
- 99 lire per il finanziamento del terremoto del Friuli del 1976;
- 75 lire per il finanziamento del terremoto dell’Irpinia del 1980;
- 205 lire per il finanziamento della guerra del Libano del 1983;
- 22 lire per il finanziamento della missione UNMIBH in Bosnia Erzegovina del 1996;
- 0,020 Euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004.
Facendo un rapido calcolo arriviamo a 485.90 lire, ovvero 25 centesimi di euro, per ogni litro di carburante che acquistiamo. I dati riportati mettono in chiara evidenza quanto le accise non solo influiscano sul prezzo finale della benzina ma siano diventate, negli anni, da misura straordinaria, un’entrata fiscale ordinaria per le casse dello Stato.
Attualmente, per un pieno di una utilitaria – dotata mediamente di un serbatoio di 45 litri – si spendono più di 30 euro di tasse. In pratica, con un aumento di 3 centesimi per un litro di carburante, si pagano circa 2 euro in più per riempire il serbatoio. Come se non bastasse, qualche giorno fa, è scattata anche l’accisa salva-cultura; il Governo, infatti, ha previsto un’ulteriore maggiorazione (valida fino al 2014) per finanziare la formazione e il patrimonio culturale nel nostro paese. Inizialmente, la soluzione prospettata era stata quella di aumentare di 1 euro il prezzo dei biglietti al cinema, una misura piuttosto discutibile dato che avrebbe colpito solo una parte della popolazione (logicamente, quella che segue i film nelle sale); da qui la brillante idea di convergere ancora una volta sui carburanti. “Il Governo aveva promesso di tagliare le accise qualora il petrolio fosse arrivato sopra i 70 dollari al barile” – ha dichiarato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni – “ invece, le tasse stanno aumentando e ogni volta che rincara la benzina lo Stato incassa di più senza colpo ferire. Per questo raccoglieremo cinquecentomila firme per far pagare meno la benzina ai lavoratori e a tutti i cittadini italiani. Il Parlamento dovrà ascoltarci!”
Dati alla mano, per comprendere di quanto aumenteranno le entrate statali con la nuova tassa, sarà sufficiente moltiplicare i 13 miliardi di litri (fonte Nomisma Energia, per litri complessivi di benzina venduti nel 2009) per il costo della nuova accisa, vale a dire 0,0073 euro/litro; risulteranno introiti superiori a 94,9 milioni di euro. Aggiornando questi estremi al 1 gennaio 2014 e cioè al momento in cui le accise per la benzina si stabilizzeranno ad euro/litro 0,5695, si registrerà un’entrata complessiva per lo Stato pari a 7.403.500.000 euro e cioè 7,4 miliardi di euro, ipotizzando sempre che la quantità di carburante venduto rimanga quella del 2009. “E io pago!”, avrebbe detto il grande Totò, poiché l’impatto della crisi geopolitica in Libia fa solo da corollario ad una situazione ben più spinosa che affligge il nostro paese; e i primi a risentirne, manco a dirlo, siamo proprio noi.
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