Libia: Obama viola la Costituzione - Diritto di critica
Aver agito unilateralmente e contro la Costituzione. Queste le gravi accuse mosse da alcuni analisti nei confronti del Presidente americano Barack Obama in seguito alla sua decisione di partecipare alla guerra in Libia. Decisione presa senza aver consultato il Congresso. Le critiche contro il Premio Nobel per la Pace sono rimaste tuttavia molto circoscritte se paragonate a quelle del 2003 contro George W. Bush per la guerra in Iraq. Eppure, questa volta è stata violata la Costituzione.
Il Congresso dimenticato. Il Congresso è stato totalmente escluso da una decisione importante, come quella di partecipare al conflitto, che comporta notevoli spese per il Paese. Ottenere la risoluzione da parte del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite che legittima un intervento internazionale non è sufficiente. L’Onu non ha alcuna autorità sulle Forze Armate americane e la Costituzione attribuisce al Congresso e non al Presidente il potere di “dichiarare guerra”. Obama invece ha autonomamente assunto la decisione di lanciare in Libia missili dal costo di 70 milioni di dollari e questo ha comportato accuse contemporaneamente di violazione della Costituzione e del War Powers Act.
La guerra in Libia non è un’emergenza. Il War Powers Act risale alla fine della guerra in Vietnam e prevede la possibilità per il Presidente americano di agire unilateralmente per 60 giorni in risposta “ad una emergenza nazionale causata da un attacco agli Stati Uniti, ai suoi territori o possedimenti, o alle sue Forze Armate”. La legge gli assegna 30 giorni addizionali nel caso non riesca nel frattempo ad ottenere l’assenso del Congresso. La guerra in Libia non rientra chiaramente in questo caso. Gli Stati Uniti non sono stati attaccati. La Libia non costituisce una minaccia né per loro né per i loro interessi. Il Obama, inoltre, aveva tutto il tempo necessario per ottenere il sostegno del Congresso.
Da Clinton a Bush, nessun precedente per “salvare” il Presidente. Obama non può neanche appellarsi ad un precedente. Il criticatissimo George W. Bush, infatti, in occasione dell’invio delle truppe americane in Afghanistan ed Iraq in seguito all’attentato dell’11 settembre 2001, consultò preventivamente il Congresso, il quale gli concesse una specifica autorizzazione prima dell’inizio delle operazioni e agì in conformità con il War Powers Act. In questo caso non c’è stata dichiarazione di guerra e non ha agito sulla base di un’autorizzazione. Anche il controverso caso di Bill Clinton per i bombardamenti in Kosovo del 1999 non costituisce un precedente simile. Il Justice Department’s Office of Legal Counsel affermò infatti che il Congresso aveva implicitamente dato il suo consenso stanziando fondi per la campagna militare in Kosovo. Un espediente che non eliminò tutti i dubbi ma al quale sicuramente Obama non può appigliarsi non essendo stato autorizzato dal Congresso né per l’intervento, né per ulteriori spese militari nel Mediterraneo.
Sorprende che a commettere un “errore” simile sia stato proprio Barack Obama, premio Nobel per la pace, eletto presidente come espressione di una reazione agli unilateralismi del suo predecessore George W. Bush. Nonostante tutto però, Bush non aveva mai messo in disparte il Congresso e aveva agito in modo più o meno discutibile ma sempre conformemente alla Costituzione e alla legge.