Madri detenute: approvata la nuova legge - Diritto di critica
Le donne condannate alla galera con uno o più figli minori dei sei anni di età non saranno più chiuse in cella ma potranno stare in apposite strutture a custodia attenuata, tranne che per casi detentivi di «eccezionale rilevanza» come i reati di mafia o terrorismo: è quanto stabilisce una legge approvata in via definitiva al Senato il 30 marzo. Il decreto, già passato alla Camera e non modificato dal Senato, è stato approvato con 178 voti favorevoli e 93 astensioni da parte del Pd, che l’ha ritenuto una “legge a metà”.
Oggi il limite d’età dei figli sotto il quale è prevista la custodia in una struttura altra rispetto al carcere è fissato a tre anni: con la nuova legge è stato invece aumentato a sei, per prevenire i disagi nei bambini allontanati prematuramente dalla mamma o che si trovano a vivere in un ambiente di tipo carcerario. L’alternativa sarebbero gli «istituti di custodia attenuata per madri detenute», i cosiddetti Icam, sul modello dell’unico già esistente a Milano: una casa-famiglia senza sbarre alle finestre né muri di cinta che diano ai piccoli l’idea di carceramento. Gli Icam potrebbero ospitare madri detenute, donne incinte ed anche padri (nel caso in cui la madre fosse deceduta o assolutamente impossibilitata ad occuparsi dei figli): sarà un decreto del Ministro della Giustizia ad individuare le strutture adeguate e a stabilirne la tipologia a seguito di una valutazione sui sistemi di sicurezza. Le nuove disposizioni della legge verranno applicate a partire dal gennaio 2014, nell’attesa che siano realizzati nuovi istituti, una volta occupati tutti i posti disponibili presso la struttura di Milano.
Altre novità riguardano anche le visite delle madri detenute ai minori infermi e gli arresti domiciliari: le donne con figli di età non superiore ai dieci anni potranno espirare condanne a detenzioni domiciliari fino a quattro anni presso strutture protette oppure nella propria abitazione dopo aver scontato in carcere almeno un terzo della pena, qualora non ci sia il pericolo concreto che vengano commessi ulteriori delitti e sia possibile ristabilire la convivenza con i figli. Per quanto riguarda invece le visite ai figli malati, in caso di urgenza il magistrato di sorveglianza o il direttore dell’istituto possono concedere alla madre la possibilità di visitare il figlio in ospedale o di assisterlo durante le visite specialistiche.
Ed è stato questo uno dei punti più contestati dal Pd – che chiedeva per le madri detenute la concessione ad assistere i figli malati per tutta la durata del ricovero in ospedale – e dalle associazioni come Antigone o A Roma Insieme che si battono per i diritti dei carcerati: già al momento dell’approvazione del testo alla Camera, Leda Colombini, presidente dell’associazione A Roma Insieme, aveva evidenziato come questa nuova legge rischiasse di ridursi «ad una sorta di legge-annuncio, una legge-manifesto» per la mancanza di novità davvero incisive. Un parere condiviso da Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, secondo il quale «il provvedimento sulle detenute madri, appena approvato definitivamente dal Parlamento, per una serie di attenzioni introdotte sulle norme originarie è stato molto depotenziato: la buona volontà del legislatore rischia, per troppa cautela, di non incidere in alcun modo sulla situazione attuale nelle carceri». Altro punto dibattuto è stato quello relativo alla mancata eliminazione dell’automatica espulsione della madre straniera e del suo bambino a fine pena.
Il provvedimento, secondo i dato forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, riguarda oggi 43 bambini e 42 madri (di cui solo una decina italiane), alle quali si aggiungono altre quattro donne in stato di gravidanza. Il carcere italiano che riscontra la maggiore presenza di bambini è quello romano di Rebibbia con 14 piccoli, seguito da San Vittore (Milano) con 9 e da Torino-Lorusso e Cotugno con 6, mentre sarebbero 16 gli istituti penitenziari attrezzati con asili nido. Gli stessi dati del Dipartimento evidenziano come al 31 dicembre scorso su 5.792 casi di arresti domiciliari 17 si riferissero a madri o padri con figli.
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Evviva, così una tipo la Franzoni potrebbe benissimo ammazzare un bambino e siccome ha un fratellino, starebbe comunque fuori dalle sbarre?
Alla faccia dell’art.3 della Costituzione. Perché non scrivere sulla bandiera ‘Tengo famiglia’?
Chissà, se Berlusconi si impegna potrebbe diventare ‘papà’ e allora risolverebbe tutti i problemi personali, senza sfasciare la giustizia.
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