Voci dall'inferno lontano di Lampedusa - Diritto di critica
Un budello infernale disperso in mezzo al mare, un fazzoletto di terra su cui fino a ieri si aggiravano seimila migranti costretti a dormire di giorno per non patire il freddo di notte, dove tutt’ora mancano l’acqua, le docce e i pasti caldi, mentre le mense non vengono montate perché costano troppo. A raccontare la situazione vissuta nei giorni a Lampedusa è Oliviero Forti, direttore del settore Immigrazione di Caritas Italiana, in un’intervista rilasciata ieri a Caritas Europa che Diritto di Critica vi ripropone. Da giorni Forti si trova sull’isola per coordinare l’assistenza ai migranti.
“A Lampedusa i migranti dormono di giorno per non soffrire il freddo di notte – spiega – A parte i pochi posti disponibili nel Centro di Identificazione ed Espulsione, non ci sono altri luoghi in cui rifugiarsi. I tunisini hanno allestito una tendopoli di fortuna sull’isola, le tende promesse dalla Protezione civile, invece, non sono mai state montate”.
“Domenica scorsa – prosegue Forti – è arrivato un camion organizzato dalle Caritas carico di vestiti che in un primo momento sono stati distribuiti solo in parte per evidenti difficoltà legate alla sicurezza: dare una bottiglia d’acqua ad una persona, significava negarla a tutti gli altri. E questo valeva per qualsiasi genere di prima necessità”.
Tra le emergenze da risolvere, quella della mensa. A fronte di seimila migranti presenti fino a ieri sull’isola, la cooperativa che si occupa della mensa – Lampedusa Accoglienza – non è riuscita ad assicurare più di un certo numero di pasti al giorno: “La società – prosegue Forti – è in grado di preparare al massimo 4.500 pasti al giorno, qui ne sarebbero serviti almeno seimila e la Protezione Civile non ha organizzato la mensa dicendo che costava troppo”. Poco dopo c’è stata la visita di Berlusconi e sono iniziati i trasferimenti.
Per ovviare al sovraffollamento, secondo quanto risulta a Caritas, dovrebbe essere aperta a breve la base militare di Kinisia, in provincia di Trapani, capace di assicurare almeno mille posti. “Insieme a noi – conclude Forti – a Lampedusa ci sono gli operatori dello IOM, dell’Unhcr, di Medici Senza Frontiere, di Save The children, della Croce Rossa e della Asl locale”.
E proprio Medici Senza Frontiere in un comunicato oggi fa sapere che “nel porto di Lampedusa, per circa 3.000 migranti sono in funzione 16 bagni chimici, due cisterne d’acqua mentre le autorità forniscono 1.5 litri di acqua potabile al giorno per persona. Queste condizioni sono bel al di sotto degli standard umanitari, che prevedono 20 litri di acqua al giorno per persona e una bagno ogni venti individui”. Mentre secondo Giusy D’Alconzo, dirigente di Amnesty Italia, si è trattato di “una crisi creata dal governo che poteva essere evitata”.
C’è poi il problema dei minori. La maggior parte sono ospitati nella base Loran, nella parte alta di Lampedusa, mentre altri 60 da giorni risiedono nella Casa della Fraternità della Caritas. Ed è di ieri l’appello di Save The Children che denunciava come almeno 350 minori vivano ancora in condizioni precarie e in molti casi in mezzo alla strada. “La situazione dei circa 350 minori, tra identificati e non, ancora presenti sull’isola di Lampedusa è inaccettabile – ha affermato l’organizzazione in una nota – e le loro condizioni già precarie, rischiano un rapido peggioramento. Dopo diversi giorni di rassicurazioni da parte delle istituzioni deputate non è ancora possibile sapere cosa si sta ideando per risolvere il caso di questi 350 minori e di quelli che potrebbero arrivare nei prossimi giorni; e tutto ciò nonostante il fatto positivo che la Conferenza Unificata Governo-Regioni ed Enti Locali abbia recepito la richiesta di Save the Children per un piano di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati con un fondo specifico pluriennale garantito dal Governo”. La situazione a Lampedusa sembra dunque tutt’altro che risolta.
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+++ E’ nato l’Osservatorio indipendente sulla crisi del Nord Africa e a Lampedusa, gestito dai giornalisti di Diritto di Critica in partnership con Caritas-Europa: http://www.facebook.com/pages/Peoples-Uprising-in-Northern-Africa-What-does-Caritas-do/193732627332379
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Ricordo che quando svolgevo il servizio di leva eravamo in grado di montare le cucine da campo in 3 ore, garantendo anche 2000 pasti. Mi sembra assurdo che non si riesca a farlo adesso.
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a silvio ti o sempre ammirato e continuero’ a farlo, ma ipara a pensare al bene dei tuoi connazionali invece di quelli dell’africa. Che da come stanno andando le cose in italia abbiamo piu bisogno noi di aiuto che loro. E poi penso che gia ce ne siano troppi di delinquenti in giro non servono degli altri. anche perche misteriosamente vengono tutti in Italia, chissa perche!
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A me, la soluzione tampone delle tendopoli (gestita stile copia&incolla, come giustamente notato), mi ha ricordato il film District 9…
Bellissimo film, associazione tristissima…
Sono il solo?
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Rabbrividisco per il qualunquismo con o senza acca. Ancora con la storiella degli italiani povera brava gente? ma la conosciamo la storia noi altri italiani o no?
District9 è un film-metafora intelligentissimo all’interno di un genere che propone di norma immagini vuote e stereotipi, ben detto.
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