Giappone, dal plutonio alle energie rinnovabili - Diritto di critica
La terra trema ancora in Giappone e continua la lotta contro il tempo per stabilizzare la situazione alla centrale nucleare di Fukushima. A preoccupare ora potrebbe essere la presenza di plutonio nei terreni adiacenti all’impianto nucleare. Il plutonio di tipo 239 è un metallo altamente tossico, usato in maniera massiccia durante la guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica nella fabbricazione di armi nucleari.
Tokyo ha ammesso la possibilità di fuoriuscita di plutonio dal reattore 3, quello che ha subito più danni dopo il terribile tsunami dell’11 marzo scorso. Ma il capo di gabinetto, Yukio Edano, ha spiegato che i livelli registrati sono molto bassi e non costituiscono un pericolo immediato per la salute della popolazione. È stata la stessa Tepco, la società che gestisce la centrale, a prelevare 5 campioni nelle vicinanze dell’area contaminata.
Il rischio plutonio a Fukushima sembra non essere ancora paragonabile a quello che si era riscontrato a Chernobyl, dove la centrale nucleare era costruita appositamente per la produzione del metallo a fini militari (oltre che per fornire energia elettrica ai civili). All’epoca del disastro, il plutonio era utilizzato in dosi massicce e Chernobyl ne era piena: ancora oggi -e per decine di anni a venire – le associazioni ambientaliste registrano tracce di questo materiale persino in Scandinavia, a conseguenza della fusione del 1986.
«Non sappiamo cosa accadrà ai reattori, ma siamo in allerta massima per evitare una catastrofe ecologica», ha dichiarato in queste ore il premier giapponese Naoto Kan. Nei giorni scorsi il Parlamento nipponico lo aveva contestato accusandolo di non dire tutta la verità su Fukushima e chiedendo un’evacuazione più ampia della popolazione, ma il primo ministro aveva assicurato l’impegno del Paese nella gestione dell’emergenza, confermando inoltre un progetto di ricostruzione giapponese basato sulle energie rinnovabili. Con l’impianto nucleare fuori uso, sono le pale eoliche della regione, rimaste indenni a terremoto e maremoto, a fornire l’energia di sussistenza per quella zona del Giappone.
A vigilare sull’efficacia delle procedure di raffreddamento dei reattori, ci sono osservatori e tecnici da ogni parte del mondo: Greenpeace sta monitorando l’area intorno alla centrale per un raggio complessivo di 40 chilometri. E mentre nell’Oceano Pacifico si sono registrati livelli anormali di iodio, nelle prossime ore arriveranno a Fukushima due esperti del colosso francese dell’energia nucleare Areva. Il ministro dell’industria transalpino, Eric Besson, ha dichiarato che lo scopo è quello di aiutare il team della Tepco a rimuovere il materiale radioattivo presente nell’acqua dei reattori, che impedisce di fatto il giusto raffreddamento del nocciolo. Anche il gruppo elettrico francese Edf ha assicurato il suo sostegno con l’invio di robot specializzati in emergenze nucleari.