Calcio: il razzismo non conosce confini, stavolta tocca a Roberto Carlos - Diritto di critica
E ci risiamo. Il razzismo nel calcio sembra non conoscere crisi e battute d’arresto. Questa volta è toccato al brasiliano Roberto Carlos, in forza alla squadra russa dell’Anzhi di Makhachkala, al quale è stata mostrata una banana mezza sbucciata da parte di un tifoso dello Zenit San Pietroburgo. Il supporter bianco-azzurro lunedì scorso ha proteso il frutto al difensore, come si vede in una foto pubblicata sul sito russo Sovietski Sport, attraverso un’inferriata degli spalti fra l’ilarità generale degli spettatori presenti.
Il gesto ha suscitato le polemiche da parte dell’opinione pubblica ed ha fatto scattare un’inchiesta da parte della polizia russa, in collaborazione con lo stesso Zenit San Pietroburgo, squadra allenata dall’ex tecnico romanista Luciano Spalletti. Il club ora rischia una penalizzazione. E’ probabile che lo Zenit disputi una partita a porte chiuse.
Roberto Carlos ha precisato di non essere rimasto offeso per l’accaduto, ma l’ennesimo episodio ai danni di un calciatore ‘colored’ induce a più di una riflessione. Il razzismo è lo specchio della società o è un fenomeno che assume i connotati più virulenti nel mondo del pallone?
Samuel Eto’o, attaccante camerunense dell’Inter, è convinto che “lo stadio sia lo specchio di ciò che si vede per strada”. Quindi, il calcio si limiterebbe a rappresentare l’intolleranza insita nella società italiana ed in altri paesi. La discriminazione come frutto anche della scarsa cultura delle persone e della limitata voglia di apertura verso il ‘diverso’: “Ho imparato – sostiene Eto’o – che i razzisti sono coloro che non hanno viaggiato molto, quindi non hanno avuto modo di scoprire che siamo veramente tutti uguali, al di là del colore della pelle”.
Sabato scorso, in occasione del derby spagnolo Real – Atletico Madrid (conclusosi con la vittoria dei ‘blancos’ per 2-1), sono stati rivolti insulti razzisti al difensore del Real Madrid Marcelo, chiamato più volte dai tifosi avversari ‘macaco’. Inoltre, i tifosi ‘colchoneros’ hanno rivolto durante la gara diversi epiteti denigratori anche a Cristiano Ronaldo. In Italia il calciatore che più di tutti ha sollevato il problema del razzismo nel calcio è stato, certamente, l’ex enfant prodige dell’Inter Mario Balotelli, ora in forza al Manchester City di Roberto Mancini. Il giocatore, nato a Palermo e vissuto nella sua infanzia in provincia di Brescia, ha da sempre dovuto fare i conti con le proprie origini ghanesi, suo malgrado. A scuola, nello sport giovanile ed ora nel calcio professionistico.
Bersagliato dalla critica per il suo atteggiamento a volte irriverente nei confronti dell’avversario, ‘Super Mario’ è stato attaccato da alcune tifoserie, che hanno intonato cori e slogan dal significato minatorio: “Se saltelli, muore Balotelli”, motivetto cantato da alcuni ultrà juventini lo scorso campionato.
Il trend è proseguito anche in occasione delle partite della nazionale italiana. La scorsa stagione, durante l’amichevole Romania – Italia a Klagenfurt, in Austria, alcuni supporter italiani rivolsero all’attaccante dei buu razzisti. In quel caso si disse che gli insulti furono opera di alcuni provocatori, ma il fenomeno non tende a placarsi nelle curve italiane.
Tuttavia, non mancano lodevoli iniziative in Italia volte all’integrazione nel mondo del pallone e dello sport. E’ stato bandito anche quest’anno, dopo il successo della precedente edizione, il premio ‘Un calcio al razzismo’, un bando indetto dal Centro Unesco di Torino, con il patrocinio del Club Juventus. Alcune borse di studio (due da 5mila euro ciascuna) saranno destinate a quei giovani di nazionalità italiana e non, della Regione Piemonte e di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, che si saranno contraddistinti per alcune iniziative a favore della lotta al razzismo.
Nella capitale, invece, il prossimo 3 aprile, si correrà la corsa ‘Vivicittà’, appuntamento storico nel panorama podistico italiano ed estero. Una piccola maratona, organizzata dall’Uisp (Unione Italiana Sport per Tutti), che si batte ogni anno per un tema particolare: la pace, i diritti umani, l’eguaglianza sociale, la solidarietà dei popoli ed il rispetto ambientale. A partire dal 1983, Vivincittà è stata al fianco di diverse città: a cominciare da Berlino (dopo la caduta del Muro), passando per Sarajevo (assediata dai cecchini serbi), in Algeria (al fianco delle donne contro l’integralismo islamico), fino ad arrivare in Amazzonia (per rivendicare i diritti dei popoli indigeni).
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