Libia: che fine ha fatto il Trattato di amicizia? - Diritto di critica
La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha trasformato il conflitto interno alla Libia in un conflitto internazionale. Il mandato dell’Onu ha autorizzato l’intervento militare della “Coalizione dei Volenterosi” ma non senza lasciare dubbi ed incertezze sui limiti dell’azione che l’Italia non deve assolutamente oltrepassare. Il motivo è semplice: sono in ballo i suoi interessi in Libia poiché il Trattato è ancora in vigore.
L’Italia fino adesso ha perso terreno in Libia a favore di altri Paesi desiderosi di sostituirla nel suo rapporto “speciale” con lo Stato nordafricano. Tutto questo è la conseguenza della mancanza d’iniziativa che ha caratterizzato la posizione italiana sin dall’inizio della crisi. Il governo Berlusconi avrebbe infatti potuto approfittare della sua amicizia con il leader libico Gheddafi per tentare di indurlo a gestire in modo differente la situazione interna al suo Paese. Se l’avesse fatto forse la situazione libica si sarebbe evoluta in modo diverso.
Tutto ciò non è avvenuto ma forse l’Italia ha ancora una possibilità per conservare la sua posizione privilegiata in Libia: il Trattato d’amicizia del 2008. Questo accordo, infatti, è ancora vigente. La sua estinzione o la sua sospensione non è prevista se non nel caso di consenso tra entrambe le parti oppure solo per violazione sostanziale del trattato stesso. È probabilmente il caso della violazione dei diritti umani da parte del regime di Gheddafi. Tuttavia il fatto che l’Italia non abbia mai esposto alcuna denuncia, esclude questa causa di estinzione o sospensione, come sostiene Natalino Ronzetti, consigliere sicentifico dell’Istituto Affari Internazionali. Anche il mutamento fondamentale delle circostanze e l’impossibilità di esecuzione (causa che avrebbe dovuto eventualmente invocare la Libia), sono escluse.
Il trattato quindi è ancora valido e, secondo il Diritto dei Trattati, dovrebbe vincolare quello che sarà il futuro governo post-Gheddafi. I trattati infatti vincolano gli Stati, in questo caso Italia e Libia e non le persone ossia Berlusconi e Gheddafi. Un conflitto armato tra le due parti è causa di estinzione dei trattati di natura politica come quello di amicizia del 2008 ma in questo caso, l’azione italiana rientra in tutto e per tutto nei limiti del mandato del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che autorizza l’uso della forza per fini umanitari. Per questo motivo, sotto il profilo tecnico, l’azione militare del nostro Paese non è qualificabile come atto ostile.
Sicuramente la concessione delle basi aeree non è un atto privo di importanza da un punto di vista giuridico. Per questo è fondamentale che l’Italia si mantenga rigorosamente nei limiti della risoluzione 1973, sempre nel rispetto del diritto umanitario, assicurandosi che gli alleati facciano lo stesso. In caso contrario ne sarebbe la responsabile con il rischio di mettere a rischio il Trattato, ultimo baluardo dell’interesse italiano nel Paese arabo.
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il commento è riferito al sondaggio ” è giusto intervenire militarmente in libia?”-
Le domande su cui esprimersi sono faziose e strumentali.
Il problema è ben diverso ed è chiaro che persone di buon senso ripudiano l’intervento armato.
Perchè non chiedere invece se noi italiani ritenessimo più giusto che l’italia, come nazione che ha o aveva rapporti privilegiati con la libia, intervenisse subito per frapporsi tra le due parti in lotta per avviare un dialogo?
perchè permettere ad altre nazioni di intervenire in zone di infuenza italiana?
Perchè non intervenire a fini pacifici con la stessa forza della francia?
su questo dovevano porsi le domande e non su argomenti finalizzati ad ottenere risposte ovvie.
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