Riforma della giustizia, dove vogliono arrivare? - Diritto di critica
Carriere separate tra giudici e pm e doppio Csm. Questo è quanto, in estrema sintesi prevede il disegno di legge costituzionale approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 10 marzo. Una riforma definita “epocale” dallo stesso Guardasigilli Angelino Alfano. “Una giustizia più giusta” è l’obiettivo stabilito da Silvio Berlusconi. Ma vediamo cosa realmente cambia con questa riforma se il testo non dovesse subire modifiche nei vari passaggi parlamentari.
Separazione delle carriere. Cambia radicalmente l’articolo 104 della Costituzione. Viene specificato, nel nuovo testo, che i magistrati si distinguono in giudici e pubblici ministeri. La legge assicura la separazione di entrambe le carriere. Una scelta da molti considerata fondamentale per avere una giustizia più equa. Infatti, da anni la gran parte dei partiti politici si è espressa a favore della necessità di dividere le due carriere in maniera netta. Secondo il governo, è fondamentale che non si crei tra il giudice e il pm un rapporto corporativo che possa in qualche modo nuocere alle ragioni della difesa. L’unica strada in questo senso è la separazione delle carriere come avviene in quasi tutti i paesi europei, ad eccezione della Francia.
Csm, si cambia. Non più un solo Csm: se le carriere vengono separate, anche l’organo di autogoverno deve sdoppiarsi. I nuovi Csm non possono adottare atti di indirizzo politico né esercitare funzioni diverse da quelle previste nella Costituzione. Consiglio Superiore della Magistratura giudicante e quello della Magistratura requirente sono presieduti dal Presidente della Repubblica. Ne fa parte di diritto il primo presidente della Cassazione per quello giudicante e il procuratore generale di Cassazione per quello requirente. Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i giudici ordinari tra gli appartenenti alla medesima categoria previo sorteggio degli eleggibili e per metà dal parlamento in seduta comune fra professori ordinari di università in materia giuridiche e avvocati dopo 15 anni di esercizio. Ad ogni Csm spettano «le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni nei riguardi dei giudici ordinari e dei pubblici ministeri». Al di là dello sdoppiamento cosa cambia? Non poco. Infatti, aumenta il peso del Parlamento all’interno dei due Csm. Se attualmente solo un terzo dei membri è eletto dalle Camere in seduta comune, i membri “laici” saranno il 50%, divenendo particolarmente influenti nella determinazione di trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari. In questo modo un pm che avesse prove sufficienti per indagare un politico dovrebbe pensarci due volte per non rovinarsi la carriera.
I gradi di giudizio a rischio. L’appellabilità delle sentenze è una garanzia fondamentale in un ordinamento democratico ed è necessaria per garantire la parte lesa e l’imputato da errori giudiziari. Il disegno di legge prevede che contro le sentenze di condanna sia sempre ammesso appello, salvo che la legge non disponga diversamente in relazione alla natura del reato, delle pene e della decisione. Le sentenze di proscioglimento sono appellabili soltanto nei casi previsti dalla legge. In pratica, con questa norma, sarà la legge ordinaria a stabilire quando è possibile appellarsi. Il vantaggio potrebbe essere quello di accorciare i tempi del processo, ma dall’altra vi potrebbe essere il rischio di non dare sufficienti garanzie all’imputato in caso di condanna, o alla parte lesa in caso di assoluzione. Una proposta dell’attuale maggioranza di governo avanzata negli ultimi anni riguardava proprio la possibilità di inappellabilità di sentenze di assoluzione nel caso in cui l’imputato fosse incensurato, magari proprio un politico.
Esercizio dell’azione penale. Nell’attuale articolo 112 della Costituzione si stabilisce che il pm “ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”. In poche parole, significa che il pm deve perseguire qualsiasi reato del quale viene a conoscenza. Il governo, con il ddl costituzionale vuole sottomettere quest’obbligo ad un indirizzo stabilito per legge dal Parlamento. In pratica sarà il potere legislativo a definire a quali reati il pm deve dare priorità. Il rischio, in questo caso, è che il Parlamento possa stabilire di considerare alcuni reati meno importanti di altri, come ad esempio reati di corruzione e concussione che spesso riguardano gli stessi parlamentari.
La responsabilità dei magistrati. I magistrati divengono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti al pari degli altri funzionari pubblici. Viene lasciata alla legge ordinaria la disciplina della responsabilità civile dei magistrati per i casi di ingiusta detenzione e di altra indebita limitazione della libertà personale. Si tratta di una norma che appare sacrosanta ma che contiene luci ed ombre. Infatti, da una parte è lecito che il magistrato paghi per gli errori commessi quando c’è negligenza o dolo. Ma rendere il magistrato responsabile significa limitarne ed influenzarne anche l’azione. Un esempio: in un processo contro un uomo potente o ricco, il giudice sarà influenzato e sarà meno incline a comminare una detenzione preventiva o gli arresti domiciliari. Il rischio è quello di venir citato in giudizio e sostenere costi elevati per difendersi. L’analogia, riportata dallo stesso Alfano, con il chirurgo che paga di tasca propria in caso di errore in sala operatoria non regge per due motivi: in primo luogo l’Ordine dei medici non è un potere dello Stato come lo è la Magistratura (che deve godere di autonomia sostanziale), ed in secondo luogo, in un processo, in caso di condanna, ci sarà sempre chi è scontento.
Irretroattività delle nuove norme. La disposizione prevede espressamente che «i principi contenuti nella presente legge non si applicano ai procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore delle nuove norme». Una mossa mediatica che ha come obiettivo quello di dimostrare che non si tratta di una legge ad personam. Sarà, poi, il Parlamento a modificare il testo eliminandola.
Cosa cambia per i cittadini? Poco. I processi non saranno velocizzati. La loro lentezza non dipende dalla separazione o meno delle carriere. Sono le procedure che negano una giustizia rapida soprattutto nel processo civile. Queste non sono state toccate. Inoltre, non possiamo dimenticare la scarsezza di fondi, l’arretratezza del sistema d’archivio (quasi sempre cartaceo) e la mancanza di personale nei tribunali. Tutte cose che con questa riforma non c’entrano affatto.
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Grazie molto esaustivo !!! Finalmente si comprende cosa si ha intenzione di fare….( nel bene o nel male )
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