Da Napoli arriva "pizza bunga bunga", così la politica finisce in cucina - Diritto di critica
Si chiama “pizza bunga bunga“. E l’idea non poteva che essere napoletana doc. “Cornicione” alto, pasta soffice, mozzarella, due uova, una salsiccia e un accenno di rughetta, le vicende sessuali del premier Silvio Berlusconi adesso finiscono in cucina, grazie all’estro dei cuochi di un apprezzato ristorante napoletano a Roma, Ciopa Blu. Sul menù, però, la “pizza bunga bunga” non compare ancora, bisogna chiederla espressamente e non senza qualche sorriso d’imbarazzo. “Cosa vi porto?” “Una pizza bunga bunga, grazie”. L’immagine qui accanto, non lascia molto spazio alla fantasia e va dritta al “problema”.
Il fiume di indagini, faldoni carichi di carte, intercettazioni, processi annunciati e i titoli strillati, tutto è stato sintetizzato in una pizza che rende l’assurdità di una vicenda tipicamente in italiana: lo scandalo che più di tanto non scandalizza, una magistratura che fa le veci di un’opposizione assente e una maggioranza che cerca di non ascoltare il chiacchiericcio internazionale seguìto alle indagini.
E mentre in molti discutono sull’età della presunta nipote di Mubarak, a Napoli tutto finisce in acqua, olio, farina e lievito, forse l’unico modo per valutare con il giusto metro un’inchiesta dai contorni poco chiari e un’umanità – quella che emerge da atti e intercettazioni – minuta e piccola. Su tutti un’espressione: bunga bunga. Nessuno saprà mai con certezza cosa significhi, di sicuro, però, adesso sarà anche una pizza.
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