Lo tsunami delle proteste investe l'Oman - Diritto di critica
L’onda delle proteste che sta scuotendo il mondo arabo è arrivata anche nell’estrema punta orientale della penisola arabica, in Oman. Alla base delle contestazioni sempre le stesse rivendicazioni: democrazia e soprattutto lavoro. Tuttavia, per ora, il movimento non è ancora riuscito a mettere in crisi il sistema politico e il sultano dell’Oman Qaboos sembra non rischiare la “corona”.
Quello dell’Oman è sicuramente un regime autoritario. Tutto il potere è nelle mani del sultano e della famiglia reale. Qaboos è contemporaneamente primo ministro, capo delle forze armate, governatore della Banca centrale e ministro della difesa. Controlla tutte le posizioni chiave del Paese. L’attuale sultano è arrivato al potere nel 1970, detronizzando suo padre, aiutato da consiglieri britannici. Tutto questo ha coinciso con l’avvio dell’estrazione del petrolio nel Paese nel 1967. Nell’immaginario collettivo, il suo arrivo al potere corrisponde quindi con l’inizio di un periodo florido grazie ai proventi che giungevano per l’estrazione del petrolio: un fattore che ha giocato un ruolo fondamentale per assicurargli la legittimità necessaria.
L’apertura al mondo dell’Oman con il nuovo sultano è stata tuttavia relativa, soprattutto dal punto di vista politico, considerando che i partiti sono oggi ancora proibiti. Da due anni le classi sociali più alte richiedono un cambiamento. Intellettuali, scrittori, giornalisti reclamano una riforma istituzionale che consentisse la costituzione di un Parlamento con reali poteri legislativi. Le loro richieste fanno da eco a quelle del popolo. Si tratta dunque di proteste socio-economiche, ma con una base politica.
Tuttavia Qaboos ha trasformato profondamente il Paese e di questo il popolo ne è consapevole. Infatti prima del suo arrivo al potere, l’Oman era uno degli stati più poveri del mondo, privo di strade, di strutture ospedaliere e con una speranza di vita di 45-50 anni. Attraverso il petrolio ed un potere politico fortemente accentrato, Qaboos ha messo in piedi un sistema sanitario ed educativo quasi gratuito. Le generazioni che possono ricordare la transizione, lo ringrazia per tutto questo. Ma per i giovani tutto questo non ha molta importanza.
Oggi, circa il 55% della popolazione dell’Oman ha meno di 24 anni e non ha quindi conosciuto l’incredibile periodo di sviluppo del Paese. Non trovando lavoro a causa della crisi globale, i giovani non sono molto ben disposti ad ascoltare i racconti dei propri genitori. Un’economia nazionale non particolarmente dinamica, insieme ad un’esplosione demografica, ha determinato una carenza di posti di lavoro. Come negli altri stati del mondo arabo, i leader politici si appoggiano sulla legittimità storica che non significa nulla per i ragazzi di oggi.
Per il sultano dell’Oman la situazione non è tuttavia così grave ed ha un ampio margine di manovra per risistemare le cose a suo favore. Prima di tutto l’Oman, a differenza del Bahrein, non ha una società civile organizzata o una cultura politica particolarmente elevata. Il Paese resta una realtà rurale e le proteste riguardano per il momento solo i giovani. Inoltre il governo dell’Oman, può contare sul sostegno degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e delle monarchie della regione che non lo abbandoneranno così facilmente.
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