Berlusconi opinionista del Corriere della Sera, correva l'anno 1978 - Diritto di critica
26 gennaio 1978: ad Aldo Moro restavano pochi mesi di vita e l’Italia era preda del terrorismo rosso e nero, senza distinzioni. Quel giorno un imprenditore in forte ascesa, Silvio Berlusconi, si iscriveva alla loggia massonica “Propaganda 2” guidata dal venerabile Licio Gelli e si apprestava a diventare opinionista del più importante quotidiano nazionale, il Corriere della Sera. Quindici anni dopo sarebbe diventato Presidente del Consiglio.
Cosa fosse di preciso quella “loggia” probabilmente B. nemmeno lo sapeva. Di sicuro per lui rappresentava un gruppo di potere ben radicato nella politica e nei gangli vitali delle istituzioni. Tanto gli bastava. Lo stesso Corriere della Sera, allora guidato da Franco Di Bella, era intriso di massoneria, a partire proprio dal suo direttore il cui nome sarebbe comparso anni dopo negli elenchi sequestrati dalla magistratura presso la villa di Castiglion Fibocchi. Sul quotidiano di via Solferino, però, scrivevano anche cronisti autorevoli come Walter Tobagi, Roberto Martinelli e giovani giornalisti come Vittorio Feltri. Come dire: non tutto era marcio.
Nel 1978, però, sul quotidiano di via Solferino firmava corposi editoriali anche un brillante e quasi sconosciuto costruttore meneghino, noto all’anagrafe come Silvio Berlusconi.
Diritto di Critica è in grado di riproporvi alcuni editoriali firmati dall’attuale premier in quegli anni. Le edizioni del Corsera sono talmente vecchie che abbiamo dovuto consultarle attraverso bobine microfiches e lettore ottico.
Il primo articolo a firma “Silvio Berlusconi” è un editoriale dal titolo: “L’autarchia è un boomerang“. In apertura della seconda pagina del Corsera del 5 giugno 1978, il giovane costruttore scrive utilizzando i toni dell’economista di lungo corso: “l’imperativo categorico è quello di essere competitivi cioè efficienti nell’impegno delle risorse relativamente ai nostro concorrenti”. E mentre predica contro l’eccessivo protezionismo, Berlusconi critica quella “pratica politica basata sul populismo e sull’opportunismo trasformistico, di quelle che Carli ha recentemente definito ‘classi dirigenti prive di autorità“. Tale pratica, sottolinea B. anticipando perfino Marchionne e i suoi contratti capestro, “ha portato alla quasi unanime accettazione di principi essenziali per qualunque sistema economico di mercato, quale quello della sacralità dell’occupazione da difendere ad oltranza, fabbrica per fabbrica, indipendentemente dall’andamento del ciclo e dell’economia delle imprese”. Questo modus operandi, secondo Berlusconi, avrebbe portato “alla rimozione dell’azione disciplinatrice del mercato sull’operare dell’impresa”. Sempre nello stesso editoriale, B. prosegue: “L’inefficienza del sistema previdenziale e pensionistico ha gonfiato a dismisura il deficit nel settore pubblico allargato, costringendo le banche ad acquistare quantità ingenti di BOT per finanziarlo e sottraendo così credito prezioso al settore privato“. Ci vorrebbe – conclude B. – “un po’ meno Karl Marx, di cui forse si è fatta indigestione, e un po’ più di Adam Smith“.
Studiosi, economisti e una terminologia da finanziere di lungo corso, Berlusconi cercava di apparire come un nuovo interlocutore in grado di leggere il futuro dell’Italia alla luce delle scelte che la classe politica di allora avrebbe saputo o meno prendere negli anni bui del terrorismo e dei governi democristiani, dove la Dc prima che una forza politica era una filosofia di vita, un modo d’essere. Il 9 maggio 1978, intanto, erano stati uccisi Aldo Moro e Peppino Impastato. Al primo vennero dedicati titoli a tutta pagina, al secondo un trafiletto nella cronaca: “Ultrà di sinistra dilaniato dalla sua bomba sul binario” e il sommario “Sparsi tutt’intorno i resti della vittima, un aderente a democrazia proletaria”. Insomma, uno dei tanti terroristi che infestavano l’Italia. Intanto, nel Nord delle fabbriche e degli emigranti, B. costruiva la sua ascesa passo dopo passo. Sarebbe diventato a suo modo famoso.
Giovedì vi racconteremo un altro “editoriale” dell’attuale premier. Nel 1978, infatti, Silvio Berlusconi parlava anche ai giovani. Questa volta da costruttore più che da economista.
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Egregio direttore,
i miei complimenti per l’ennesimo bel colpo di “ddc” e Suo personale.
Veramente un bel prodotto, fatto da giovani in gamba e non dal solito vecchio trombone con la tessera di partito nascosta nel panciotto.
Quanto a B., fratello P2 tessera 1816, mi chiedo come mai non ho mai ascoltato la domanda: <>. Oppure: <>. Chissà perchè non ho mai sentito domande del genere!? Bè forse..forse perchè a porre domande è sempre qualche vecchio trombone con la tessera di partito nascosta nel panciotto!!?-
Grazie caro Vibar,
in realtà Berlusconi non ha mai ammesso di aver fatto parte della P2, l’unico ad aver confermato tutto è stato Fabrizio Cicchitto.
Sugli ideali pidduisti non sono d’accordo…li definirei più che altro un progetto organico, molto più concreto che non un ideale.
A presto!Emilio Fabio
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ohppss..le nuove tecnologie… comunque le domande erano: “presidente, scusi, ma a quale scopo lei si iscrisse alla P2 e la frequentazione col venerabile giovò alla sua crescita personale?” e “presidente l’Italia attuale, che lei ha contribuito a plasmare, quanto si discosta dagli ideali che ha perseguito sin da giovane, sin dalla sua militanza pidduista?”
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Silvio Berlusconi e’ stato condannato nel 1990 e giudicato colpevole di aver giurato il falso davanti ai giudici, a proposito della sua iscrizione alla lista P2. Nel settembre 1988, infatti, in un processo per diffamazione da lui intentato contro alcuni giornalisti, Berlusconi aveva dichiarato al giudice:”Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo che è di poco anteriore allo scandalo”. Per questa dichiarazione Berlusconi viene processato per falsa testimonianza. Il dibattimento si conclude nel 1990: Berlusconi viene dichiarato colpevole, ma il reato è estinto per l’intervenuta amnistia del 1989.
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Il Corriere della Sera, in quel periodo era stato “acquistato” dal Banco Ambrosiano, e quindi dalla P2, come come confermato dalla stesso Angelo Rizzoli . Enzo Biagi si rifiuta di andare ai Mondiali di calcio in Argentina, perché sarebbe stato obbligato a parlare solamente di calcio . La linea del Corriere della Sera dopo il crac del Banco Ambrosiano si sgancia dalla P2 e da Licio Gelli . Le conferme e il resoconto era giá apparso nella trasmissione BLUNOTTE del 5 Ottobre 2009 minuto 01:33:50 fino a 01:34:17 ( http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-8e0cdeb3-a16a-495e-8d3d-333a97a322b4.html?p=0 )
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